Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
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1992
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415
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Libri e periodici 415
risposta originale alle contraddizioni del capitalismo e della democrazia parlamentare di matrice illuministico borghese; una risposta che si proponeva come alternativa anche rispetto al socialismo ufficiale della Seconda Internazionale, in relazione sia ai mezzi da impiegare per la conquista dei potere, sia agli scopi finali rappresentati dalla instaurazione di un sistema politico-giuridico produttivistico e organicistico.
Il saggio della Nistri De Angelis ripercorre i quarant'armi di militanza politica e soprattutto di elaborazione teorica dell'intellettuale pugliese, dai vivaci ed appassionati esordi nel 1903 a soli diciassette anni in veste di pubblicista e segretario della sezione socialista della natia Molfetta, sino alla morte sopravvenuta a Roma nel 1944, quando l'ormai disilluso teorico del sindacalismo fascista spesso inascoltato e talora criticato dai suoi stessi compagni di partito negli anni precedenti credeva di potere ancora svolgere un ruolo attivo nell'incerto futuro del paese. Gli anni 1903-1918 furono per Paminzio quelli delle scelte decisive, segnati dalla lotta del gruppo sindacal-rivolu-zionario contro le correnti riformista e massimalista del Partito socialista e della Confederazione del lavoro, dalla incendiaria propaganda presso le masse della virtù rivoluzionaria delio sciopero generale, dalla drammatica svolta del 1908 legata al fallimento dell'agitazione nel Parmense e all'espulsione dal Psi della corrente sindacalista. Tale scissione, sostiene l'A., risultò foriera per molti leaders del gruppo, tra cui Panunzio, della tendenza all'isolamento dagli interessi di classe che sino a quel momento essi avevano creduto di rappresentare in maniera compiuta e alla conseguente coloritura dell'antìgiolittismo originario in senso antiliberale, sino all'abbandono della pregiudiziale classista e all'assimilazione di suggestioni nazionaliste variamente rielaborate.
L'A. esclude che tra l'ideologia panunziana e l'adesione al fascismo che va, tra l'altro, considerata anche nell'ottica della predente convergenza dell'intellettuale pugliese con il mussolinismo sia lecito istituire un nesso causale, ritenendo che la complessità della riflessione giuridica, economica e politica dello studioso vada salvaguardata da esami frettolosi e semplificatori. Anzi, sostiene la Nistri De Angelis, nel pensiero di Panunzio sono individuabili solidi elementi an ti autori tari e anti totalitari coordinabili attorno al nucleo concettuale dell'autonomia normativa ed economica degli organismi sorgenti dallo spontaneo articolarsi delle forze sociali, con il sindacato produttore in posizione preminente. Gli aspetti illiberali e conservatori del fascismo, insomma, finirono con l'essere da lui considerati alla stregua di accidenti transitori, contingenti e giustificabili, tanto che l'A. non esita ad affermare che Sergio Panunzio, come molti altri uomini della sua generazione, resta comunque, in ogni momento, un rivoluzionario a tutto tondo (p. 15). Un'asserzione, questa, che lascia perplessi poiché, pur concedendo al suo rivoluzionarismo interventista e fascista caratteri nazionali e di rivolta morale contro l'ideologia democratico-atomistica di matrice illuministica e contro la degenerazione trasformista del sistema politico giolit-tiano, non pare credibile che egli, nel corso degli anni Venti e Trenta, non abbia avvertito che il regime mussoliniano, al di là dell'orpello corporativo, non stava per nulla Battendo in breccia ma semmai ampiamente consolidando le categorie sociali, gli apparati buroeratico-amministrativi, gli stessi fenomeni degenerativi del carattere nazionale contro cui era sorta l'istanza rinnovatrice del sindacalismo rivoluzionario.
In realtà il saggio vorrebbe ricondurre ad unità le varie e ambigue suggestioni operanti nella formazione del giovane Panunzio; può quindi accadere che l'A. cada in contraddizione, come quando, dopo aver affermato che la partecipazione di Panunzio al clima culturale del tardo positivismo [...] traspare in tutta la sua evidenza e si concreta in una ideologia ottimista volta alla mobilitazione delle masse (p. 73), sostiene poco più avanti che egli giunse ad una critica del positivismo prima maniera, per sposare una visione del divenire scientifico e sociale che, lontanissima da ogni suggestione irrazionalista o idealista, si basa su di uno scientismo ancora più rigido, privo del fiducioso ottimismo che sorreggeva ogni filosofìa dell'Ottocento (p. 87). Insomma: se per Panunzio il positivismo era sostanziato di struggle for life, di darwinismo sociale applicato spregiudicatamente a sostegno della teoria marxiana della lotta di classe, ci pare che agissero nel suo pensiero anche ben evidenti stimoli attivisti, financo nietzschiani,