Rassegna storica del Risorgimento
ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
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1992
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Libri e periodici
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potessero accampare diritti a decidere della razionalità di una guerra e ci sorprende che l'A. non abbia avvertito il bisogno di sottolineare gH ampi margini di permanente incertezza, di conflittualità eversiva sul piano interno e internazionale che pensieri di tal fatta potevano introdurre qualora fossero divenuti norme di azione di Stati, partiti, classi.
La biografia intellettuale qui presentata è senz'altro interessante e in parte riuscita nella volontà di dar conto in modo puntuale della complessità del pensiero panunziano, per cui risulterà un punto di riferimento ineludibile per futuri lavori sul sindacalismo rivoluzionario italiano. Essa appare, tuttavia, lacunosa almeno per il periodo oggetto dell'interesse di questa rivista sul versante della ricostruzione delle relazioni tra la formazione ideologico-culturale di Panunzio e la vita sociale e politica dell'Italia giolittiana, ricostruzione che, ad esempio, avrebbe potuto dar risalto al tema delle affinità tra alcuni atteggiamenti della destra e della sinistra estreme, miranti alla realizzazione del progetto di mia società e di uno Stato rinnovati.
Infine lamentiamo l'assenza nel volume dell'indice dei nomi e alcune singolari imprecisioni come quella secondo la quale Mussolini fonda (p. 135) e lancia (p. 136) II popolo d'Italia nel novembre 1915, e l'altra che colloca il Patto di Londra nel marzo dello stesso anno che non dovrebbero essere tollerate in un lavoro al quale vanno riconosciuti, nel complesso, indiscutibili meriti.
STEFANO PARISELI-!
Società, opinione pubblica, economia a Viterbo e nella Tuscia durante la Prima Guerra Mondiale. Atti del Quarto Convegno di Storia del Risorgimento (Viterbo, 4-6 novembre 1988); Viterbo, Comitato dell'Istituto per la storia del Risorgimento e Assessorato alla Cultura del Comune, 1990, in 8, pp. 181. L. 20.000.
Le indagini di storia locale, sostiene Alberto Monticone, hanno costituito il filone prevalente negli studi italiani degli ultimi anni sulla Grande Guerra, segnalandosi per la volontà di verificare in ambiti territoriali circoscritti le ipotesi generali formulate e i risultati a cui sono pervenute le ricerche relative all'impatto del conflitto sul tessuto morale e culturale del paese, in particolare di quella parte di esso costituito dai semplici combattenti. In effetti i contributi presentati all'incontro di studi promosso dal Comitato di Viterbo dell'Istituto per la storia del Risorgimento nel novembre 1988, in occasione del settantesimo anniversario della fine della prima guerra mondiale, hanno spesso posto in luce come anche nel chiuso mondo rurale di questa zona dell'alto Lazio la tragica esperienza della guerra abbia fatto sorgere tra i contadini, se non certo un autentico sentimento nazionale ideologicamente coeso, almeno un vago senso di appartenenza ad ima comunità più vasta di quella del paesello natio. Al termine del conflitto questa embrionale coscienza politica ebbe spesso modo di trascolorare, anche nelle campagne viterbesi, nel desiderio di riscatto sociale, alimentato negli anni di trincea, soprattutto dopo Caporetto, dalla propaganda interventista di varia gradazione e sfociato in occupazioni di terre e in violente agitazioni sociali che destarono allarme nelle autorità locali e nei ceti possidenti. Appaiono significativi, in merito, i contributi presentati da Antonello Ricci, Romualdo Luzi e Antonio Saraacchioli, impostati in gran parte sull'uso di fonti orali e scritte di combattenti contadini e di testimoni degli avvenimenti presi in esame; fonti che esigono un uso molto cauto in sede di ricostruzione storica ma dalle quali, tuttavia, emerge magmaticamente un immaginario dei ceti sociali subalterni che è ancora in gran parte da inventariare e studiare. La ricerca di Sarnacchioli, in particolare, evidenzia che anche nella provincia di Viterbo, nel dopoguerra, i contadini mobilitati dal popolari, dai socialisti e dalle associazioni di