Rassegna storica del Risorgimento

ARCHIVIO DI STATO DI ROMA FONDI DELLA PREFETTURA; LAZIO SINDACI
anno <1992>   pagina <418>
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Libri e periodici
ex-combattenti, compirono un grande sforzo offensivo nel 1919 e nel 1920, quando il fenomeno delle occupazioni di fondi trasposizione sul piano sociale e della mentalità della liberazione delle terre irredente toccò il culmine per arretrare rapidamente dal gennaio 1921 sotto l'incalzare squadristico del fascismo agrario, in concomitanza di tempi, quindi, con quanto avveniva nelle altre province dell'Italia centro-settentrionale.
Non possiamo condividere le argomentazioni di Delfo Gioacchini sul ruòlo dei cattolici dopo l'Unità nella formazione della coscienza nazionale italiana, esposte come succinta introduzione ad una rassegna del patriottico ed impavido contegno assunto nella guerra da un nutrito gruppo di sacerdoti viterbesi. L'A. esalta il ruolo della componente cattolica nel Risorgimento (citando il gruppo del Conciliatore, Gioberti, Rosmini, Balbo, Manzoni) e trascura, però, ogni accenno alle posizioni assunte dalla Chiesa, prima e dopo il '48, nei riguardi di essa e del sentimento nazionale e liberale italiano; trascura il Sillabo, il potere temporale, la violenta polemica della Civiltà cattolica. Anche per i decenni successivi a Porta Pia si tace dell'intransigentismo e del temporalismo persistenti nella Curia e nella maggioranza dell'episcopato che controllava l'Opera dei Congressi, vale a dire la parte più attiva e cosciente del laicato cattolico, come non si fa menzione dell'isolamento in cui furono costretti ad operare sino alla fine del secolo i gruppi coneiliatorisri. L'opposizione di principio allo Stato liberale viene diluita nell'anodina constatazione che i cattolici furono insoddisfatti de!T apparato amministrativo che si era costituito (p. 48): essi, insomma, risultano all'A. essere stati sempre fedeli patrioti battutisi, semmai, a favore di una Italia genuinamente democratica, a sostegno delle libertà civili e delle più elementari esigenze popolari (ibidem). Il relatore non sembra sospettare che le tendenze conciliatoriste, maturate nell'ambito di solidi gruppi conservatori sotto Pio IX e Leone XIII, contribui­rono in età giolittiana a dar vita al clerico-imoderatismo, la copertura a destra nella Camera e nel paese per la sottile opera di governo dello statista di Dronero; che le correnti democratiche e di cattolicesimo sociale sorte dopo la Rerum Novarum svolsero un ruolo di aperta critica, spesso di sapore integralista, allo Stato liberale, sia pure con motivazioni ideologiche diverse da quelle del vecchio intransingentismo dell'Opera dei Congressi; che i cattolici si avvicinarono allo Stato dinante il primo quindicennio del secolo sulla base di motivazioni e prospettive articolate secondo uomini e gruppi, per cui l'ingresso di Meda nel gabinetto Boselli rappresentò un momento importante ma non risolutivo del lento e faticoso processo di riconciliazione.
Il contributo proposto da Claudio Canonici (Il diario di guerra di un cappellano) ha avuto il merito di ricondurre in parte a dimensioni più vicine alla realtà dei tatti il tema certamente non unilineare della posizione dei cattolici e del clero dinanzi allo Stato, alla guerra mondiale e alle sue cause, ai motivi dell'intervento italiano. Lo studioso, analizzando il diario di guerra del cappellano viterbese Antonio Nardelli, ricorda che documenti di tal fatta, in quanto elaborati senza finalità letterarie e provenienti dall'ufficialità inferiore di estrazione piccolo-borghese a contatto quotidiano con la truppa, possono risultare assai utili per la ricostruzione della storia sociale e culturale della Grande Guerra.
Nel complesso gli Atti del convegno viterbese, pur nella difformità dei criteri metodologici adottati nelle ricerche e dello spessore dei contenuti, costituiscono un apprezzabile contributo della storiografia locale che ha portato alla luce significative testimonianze, valide sia in se stesse, sia in quanto materiali da utilizzare per ulteriori più sistematiche indagini.
STEFANO PARISBLLI