Rassegna storica del Risorgimento
SAFFI AURELIO
anno
<
1992
>
pagina
<
436
>
436
Umberto Marcelli
sono di nuovi scandali nella repubblica delle lettere seminatori. E il Saffi commenta: Ed è, veramente un vituperio [...] in Bologna stessa, ove pure italianamente da molti si sente e si scrive, s'abbia a vedere una scorretta gioventù fatta melensa e per così dire trasumanata dalle paure, e dalle snaturate fantasie di un barbaro gusto, pubblicamente insultare e far vergogna ai precetti del Costa, a' gentilissimi versi del Marchetti, alle dottrine dell'Angeletti, del Ferrucci e di molti altri cui pure invoglia un bel desiderio di conservare la dignità de' classici e con essa la verità della natura, la filosofia delle lettere, l'onore d'Italia. E continua con veementi invettive contro i romantici imitatori delle fole e risibili sciocchezze del Nord.
A noi qui non interessa parlare del Saffi antiromantico, e seguace della scuola classica romagnola, al quale lo zio Antonio mandava in dono l'Arte poetica del Costa, che leggeva con attenzione e con profitto;4) ma del Saffi, che ricordava in quegli anni una parola verissima uditagli dire da quel sapientissimo Paolo Costa quando lo visitò, che tutte le operazioni della nostra mente si riducono a due: decomposizione, e composizione, in altri tennini divisione e somma. Questa analisi la natura riinsegna ad ognuno ogni qual volta voglia acquistar cognizioni.5) A noi interessa che egli apprezzava questo metodo, lo faceva suo, l'applicava all'arte dello scrivere, e ne rimproverava l'inosservanza, come abbiamo visto, alla filosofia delle scuole. Il fatto è che il Costa, in quanto pensatore, apparteneva a quella stessa corrente filosofica, nella quale il Saffi allora stava entrando, sulla scorta delle letture e degli studi suoi personali Infatti non leggeva soltanto il Condillac, ma anche (come scrisse nel 1853 e fu pubblicato nei suoi Ricordi e scritti1)), la Logica pei giovanetti di Antonio Genovesi, alla quale nella ristampa del 1832 erano state aggiunte le Vedute fondamentali sull'arte logica di Gian Domenico RomagnosL Si propose di risalire, dopo questa lettura propedeutica, a Francesco Bacone, alle fonti, insomma, come lui stesso scrive, della filosofia moderna, e più propriamente dell'empirismo e del sensismo. Alla corrente, dunque, del Locke e del Condillac, che imponeva di fondarsi sull'esperienza, abbandonando oltre le nuvole le astrazioni e la metafisica; alla corrente che riduceva il conoscere ai dati sensoriali, senza più la pretesa di penetrare nell'intimo della realtà esterna, ma riconoscendole la capacità di stimolare nell'uomo le sensazioni. Dal vario combinarsi di queste nasceva tutto quanto l'uomo credeva provenisse dalle operazioni della sua mente. Le conclusioni estreme erano del Condillac, e il dibattito tra i pensatori italiani del tempo verteva sul problema di accettare questo estremismo, che annullava ogni energia interna del soggetto, e quindi la sua stessa identità, o rifiutarlo, col pericolo di ricadere negli antiquati
A A. Saffi allo zio, s. d., s. 1.., ivi.
5) Lo stesso a persona non nominata, s. d., s. 1., ivi.
6) Sul Costa ideologo, EUGENIO GARIN, La filosofia. Storia dei generi letterari italiani, voi. II, Milano, 1947, pp. 476477, 485-486; MICHELE FEDERICO SCI ACCA, // pensiero italiano nell'età del Risorgimento, Milano, 1963, pp. 152-153, nota 81.
7) Voi. I, p. 69. Sul Genovesi, E. GARIN, op. cit., II, pp. 395402; F. M. SCIACCA, op. cit., pp. 94-103.