Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno <1992>   pagina <509>
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Libri e periodici
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secoli, a sviluppate un complesso ed articolato rapporto con il denaro prima attraverso il commercio e l'usura, poi la finanza e il capitale, non sono sufficienti a qualificare l'ebreo in quanto tale. Bisogna poi tracciare una netta separazione cronologica tra due periodi: il primo, che giunge sino alla fine del XVU1 secolo, vede la condanna dell'ebreo solo da un punto di vista religioso, mentre in quello successivo a questo aspetto si aggiunge l'argomento razzista, per divenire via via dominante man mano ci si avvicina ai nostri giorni.
Purtroppo spesso non è possibile andare oltre queste considerazioni di carattere generale, in quanto mancano o sono frammentarie le fonti documentarie; solitamente le notizie concernenti le comunità ebraiche sono contenute nelle carte riguardanti la maggioranza goym (non ebrea), da cui è possibile tuttavia ricavare informazioni che riflettono una condizione sociale affatto particolare da cui è agevole evincere che gli ebrei rivolsero volutamente la loro attenzione quasi esclusivamente alla tradizione religiosa, trascurando cosi la trasmissione della loro storia.
Mancano, inoltre, studi specifici sull'aretino (anche se ve ne sono, e di eccellenti, sulla Toscana in generale); in ogni caso, tanto Salvadori che Sacchetti sono riusciti a condurre ciascuno nel proprio ambito cronologico (la suddivisione delle due trattazioni è una distinzione reale: alla fine del '700, in conseguenza del moto sanfedista del Viva Maria si riducono progressivamente le presenze ebraiche nel circondario di Arezzo) delle ricerche approfondite, andando ad esaminare documenti in diversi archivi della regione, prendendo in esame i registri delle deliberazioni delle magistrature locali, i provvedimenti di carattere giuridico ed i documenti conservati presso l'Archivio di Stato e quello della Comunità israelitica di Firenze, riuscendo così a supplire ad un vuoto bibliografico incomprensibile per un'area geografica in cui se è vero che le presenze ebraiche numericamente più rilevanti erano quelle di Firenze, Livorno e Pisa, è altrettanto vero che quelle nell'aretino sono state tutt'altro che trascurabili.
VINCENZO FANNINI
MARIA TERESA ACQUARO GRAZIOSI, L'Arcadia. Trecento anni di storia (Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Quaderni dell'Ufficio Centrale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali); Roma, Fratelli Palombi Editori, 1991, in 8, pp. 114. L. 30.000.
Questo volumetto dedicato all'Arcadia presenta un interesse che va oltre la storia della letteratura. 11 nuovo studio costituisce, infatti, un'occasione per riprendere il discorso più. generale sulla politica culturale déìì'Ancien Regime in Italia. Una simile riflessione non vuole certo portare ad improponibili rivalutazioni di autori già a suo tempo giustamente criticati ed in buona parte ormai dimenticati, ma serve ad illuminare meglio alcuni aspetti delle sovrastrutture ideologiche degli Stati pre-risorgi­mentali. Le vicende dell'Accademia sono ripercorse con agilità, chiarezza e ricchezza di informazioni dalla Acquaro Graziosi. La ricerca rafforza una diffusa convinzione, e cioè che l'Arcadia abbia rappresentato un fenomeno soprattutto di involuzione culturale. Essa si configurò, infatti, come un'organizzazione di letterati ufficiale e chiusa, diretta emanazione dello Stato Pontificio, anche se per la prima volta a dimensione veramente nazionale.
Gli aspetti grotteschi dell'Arcadia {la mascheratura pastorale con relative ceri­monie e simbologie, i nomi assurdi della tradizione bucolica, la fatua oziosità di esercizi letterari sterili e privi di prospettive) hanno certamente contribuito a caricare di significati negativi già la semplice parola. Ma è solo inserendo l'Accademia nel più ampio contesto della storia italiana del XVII e XVIII secolo che si può cogliere appieno la valenza dell'operazione compiuta mediante la sua creazione. L'originario