Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
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1992
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510
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510 Libri e periodici
programma dei fondatori intendeva ristabilire il buon gusto contro il mal gusto secentesco, ricondurre sulla scia del pensiero cartesiano anche nelle lettere la saviezza e il giudizio, separare l'uomo bruto dal razionale.
Tutto ciò si tradusse, in concreto, nella riduzione dell'operazione poetica alla creazione di uno spazio idillico convenzionale e senza tempo, di una dimensione umana ingenua e fanciullesca, di un linguaggio studiatamente semplice e sentimentale. La pastorelleria fu il tipico genere poetico abbondantemente rappresentato nella mediocre produzione raccolta nei tredici tomi delle Rime degli Arcadi, piene di raffinate scenette mitologiche, di situazioni e riti del bel mondo , di evasioni nei regni beati dell'amore, della poesia pura e della galanteria. L'Arcadia formò, insomma, la sintesi conservatrice della nostra letteratura e, per un lungo periodo, esercitò una sorta di egemonia culturale nella penisola. Senza dubbio, la repressione congiunta dell'autorità civile ed ecclesiastica si estese, fra la seconda metà del Seicento e la prima metà del Settecento, in una maniera così opprimente che ha pochi riscontri nella storia d'Italia. La cultura non osò più essere libera. Essa si consumò in innocui esercizi di stile. Dappertutto l'intellettuale servo dei potenti e da loro benevolmente protetto stava in primo piano, a danno di chiunque tentasse di aprirsi la via mediante ima testimonianza sincera, propositi audaci, scoperte rischiose. Ognuno aveva ben presenti le storie di Bruno e di Galilei. Espressione caratteristica di questa atmosfera plumbea fu appunto l'Arcadia. L'eredità della grande tradizione letteraria italiana del passato, che essa pretendeva di raccogliere in opposizione agli eccessi del Barocco, venne rivissuta del tutto superficialmente, in realtà l'Arcadia, istituzione centralizzata con sede a Roma, amatissima da cardinali e prelati, si rivelò fin dall'inizio utile alla politica della Curia pontificia che, ancora nei primi decenni del Settecento, cercava di mantenere il suo primato culturale indirizzando verso l'Arcadia qualsiasi esigenza di rinnovamento. La funzione storica dell'Accademia si precisò, dunque, nella formazione di un movimento di opinione conservatore. Così la cultura italiana dll'Ancien Regime uscirà non solo ridimensionata, ma quasi annullata, assolutamente non in grado di reggere il confronto sul piano europeo e cederà ad altri il primato nell'iniziativa editoriale, nell'elaborazione di proposte vitali ed adeguate ai tempi. Una parte notevole, in questo processo di decadenza, ebbero il controllo delle idee e la repressione che colpirono gli intellettuali. Pochi furono in grado di opporsi. Per paura, per desiderio di quieto vivere, per convinzione, ma anche per incapacità di trovare alternative, la grande maggioranza si adeguò alle direttive della Chiesa e all'ossequio nei confronti dei sovrani. Ricordiamo, in proposito, le adunanze, molto importanti per la vita dell'Arcadia, in onore di pontefici, sovrani, di personaggi illustri della Curia e della nobiltà, la loro nomina per acclamazione a membri dell'Accademia, in una operazione di interesse scambievole per i mecenati (che dalle ovazioni traevano motivo di prestigio ed orgoglio) e per l'Accademia stessa. Essa sviluppò tutto un filone apertamente laudativo ed encomiastico, rinsaldando ancor più, in tal modo, i rapporti con i personaggi del potere. Né mancò una copiosa produzione lirica di carattere religioso. Non a caso la nuova letteratura italiana deU'IUuminismo e del Risorgimento considererà l'Arcadia come il baluardo di un gusto superato, di un mondo abbarbicato a tradizioni lontane, alla traballante concezione del potere temporale della Chiesa. Perciò l'Arcadia, con il sorgere delle idee liberali, con il diffondersi delle istanze romantiche e delle aspirazioni patriottiche, sarà costretta ad affrontare continue polemiche, mantenendo una posizione di difesa del passato e del classicismo. Di qui i tesi rapporti dell'Accademia con autori come Alfieri, Leopardi, Manzoni, i quali mantennero nei confronti dell'Arcadia un atteggiamento di ostentata indifferenza, di per sé eloquente. A nulla valse, quindi, la politica delle aggregazioni d'ufficio con cui si cercò di mantenere viva l'istituzione, al di là della partecipazione o meno dei soci alla sua attività (si può dire, infatti, che tutti i letterati italiani di un certo rilievo venivano inseriti automaticamente, volenti o nolenti, nei ranghi dell'Accademia).
Esaurita la funzione ideologica e culturale delle origini, sia per lo storico ridimensionamento del potere temporale, sia per il venir meno del rapporto con le