Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno <1992>   pagina <520>
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Libri e periodici .
garantisse il costante ammodernamento delle tecniche di coltivazione e un sensibile miglioramento delle rendite dei proprietari terrieri.
Questa vocazione imprenditoriale Ridolfi la mutuò in larga misura da Vieusseux, l'editore ginevrino che portò nella Firenze degli anni venti lo spirito calvinista del denaro, che insegnò la tecnica della combinazione dei fattori produttivi, dal rastrel­lamento dei capitali alla individuazione delle quote di mercato libere (p. 17). Essa si incontrò con un altro tratto tipico del pensiero ridolfiano, cioè quell'utilitarismo di ispirazione inglese che lo portava a concepire una stretta interdipendenza tra le scoperte della scienza e le loro applicazioni al processo economico. Da ciò l'idea di progresso agrario , che costituiva il fulcro intorno al quale ruotavano tutte le costruzioni teoriche di Ridolfi e del quale egli stesso dava la seguente definizione: ogni innovazione, ogni mutamento che accresca la produzione e quindi meglio retri­buisca il lavoro, migliori la condizione del produttore, e rispetti anzi accumuli nuova fertilità nella terra (pp. 50-51).
Da ciò inoltre il convincimento che il problema non fosse quello di sostituire la mezzadria, bensì quello di ricercare gli strumenti, essenzialmente tecnici, che, man­tenendo l'assetto vigente, fossero in grado di migliorare la fertilità del terreno e di aumentare le rendite dei proprietari. L'adozione generalizzata di ima particolare forma del quadriennale inglese hanno scritto Coppini e Volpi ! l'introduzione di un macchinario agrario perfezionato e l'eliminazione degli sprechi, grazie al ricorso ad una corretta contabilità, avrebbero dovuto essere i cardini di una vera e propria riforma agraria realizzabile all'interno della gestione mezzadrile (p. 31).
Naturalmente tutto questo comportava una circolazione delle conoscenze e ima rapida diffusione delle nuove tecniche, dopo, ovviamente, che esse erano state speri­mentate e adattate alle specifiche esigenze dei terreni toscani. Nacque cosi dapprima l'idea di dar vita a un periodico, il Giornale Agrario Toscano, che fungesse da canale privilegiato di informazione e di divulgazione su quanto di nuovo accadeva nel mondo agricolo italiano e straniero. Seguì quindi l'iniziativa di fondare a Meleto, nella tenuta privata di Ridolfi, un istituto agrario che garantisse la preparazione di ima schiera di fattori, i quali a loro volta avrebbero agito da tramite presso la popolazione contadina fornendo esempi concreti di qualsiasi operazione agraria, special­mente di quelle realizzate con nuovi strumenti o con procedimenti diversi rispetto a quelli adottati in passato.
La Facoltà di Agraria di Pisa ebbe nell'istituto di Meleto il suo autentico antecedente, anche se molto diverse furono le caratteristiche delle due istituzioni (l'uno era privato, l'altra pubblica) e le finalità che si prefiggevano (il primo mirava a formare dei tecnici ed era destinato ai fattori o agenti di campagna; la seconda si rivolgeva invece al gruppo dei proprietari fondiari e tendeva a creare un nucleo dirìgente che guidasse la necessaria fase di modernizzazione cui era chiamato l'intero assetto mezzadrile).
L'elemento di continuità era rappresentato dalla direzione dei due istituti, che, a Meleto come a Pisa, fu concentrata nelle mani di Ridolfi. E tale unicità dire­zionale , come hanno osservato Coppini e Volpi, era indissolubilmente legata alla centralità del ruolo attribuito dal marchese al proprietario che doveva assolvere pienamente alle proprie funzioni direttive se voleva ottenere una redditività concreta dalle sue terre (pp. 121-122). Dell'Istituto pisano i due autori hanno seguito le vicende fino al 1870, quando esso, che fino ad allora aveva avuto un'esistenza piuttosto tormentata (chiuso d'autorità dal Granduca nel 1851, nel pieno della restaurazione lorenese, era stato riaperto dcpo la rivoluzione del 27 aprile 1859), subì sostanziali modifiche e la definitiva trasformazione in facoltà. All'inizio del 1870, quasi a simbo­leggiare le caratteristiche perìodizzanti di questa data, scomparve anche Pietro Cuppari, il grande agronomo siciliano, già allievo di Meleto, che aveva degnamente raccolto
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