Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno <1992>   pagina <532>
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Libri e periodici
per il mercato, sostegno alle viti nei filari, in sostituzione dell'olmo, e impiego del legno in falegnameria, specie per la fabbricazione di mobili da cucina.
All'inizio del nuovo secolo, di fronte ad un incremento della domanda inter­nazionale di taluni prodotti pregiati italiani (soprattutto ortofrutticoli), le istituzioni agricole concentrarono la loro attenzione sulla commercializzazione dei prodotti ed, in primo luogo, sulla loro esportazione. Piccoli e medi proprietari cominciarono ad organizzare vendite collettive dei rispettivi prodotti per non vanificare, nelle strettoie del mercato e nei lacci degli intermediari, i benefici del lavoro produttivo. In questo contesto emerse l'attività della Società anonima cooperativa per la esportazione dei prodotti agrari in Cesena che, costituitasi nel 1908, si occupò inizialmente della vendita di ciliegie, per poi allargare il suo campo d'azione alle pesche, alle susine, alle pere ed alle mele. Il principale flusso di esportazione si ebbe verso il mercato tedesco e, dopo la prima guerra mondiale, verso gli Stati Uniti. I buoni risultati conseguiti dalla Cooperativa, nel primo ventennio del secolo, rappresentarono uno stimolo alla frutticoltura specializzata, che si diffuse con il consenso dei mezzadri, favoriti dalla norma, molto diffusa nel Cesenate e nel Forlivese, in base alla quale era a carico del proprietario ogni onere relativo all'impianto dei frutteti, che venivano consegnati al conduttore solo quando si trovavano in condizioni di produttività. Cominciarono a diffondersi impianti di pescheti, seguiti da susini, peri e meli. Di notevole importanza fu, poi, la nascita, nel 1920, del Consorzio Industrie Agrarie, che solo nove anni dopo assumerà la denominazione che ancora oggi, sostiene il Preti, sta ad indicare per i cesenati, l'industria per eccellenza, la grande fabbrica sorta nel cuore di una regione agraria e commerciale: l'Arrigoni. Il suo carattere di industria naturale e di interesse nazionale e la forte concentrazione operaia che la contrad­distinse ne fecero un tramite ideale dei messaggi propagandistici inviati dal regime fascista per orientare i Consumi degli italiani verso la produzione interna.
Il ruolo sempre più importante dei prodotti agricoli pregiati nel quadro del commercio estero italiano fu sottolineato dalla nascita, nel 1926, dell'Istituto nazionale per l'esportazione, cui venne affidata la gestione del neo-istituito marchio nazionale per 1 prodotti ortofrutticoli diretti all'estero. L'esportazione ortofrutticola cesenate tra le due guerre, descritta dal Preti attraverso i dati divulgati in quegli anni da Antonio Manuzzi, uno dei principali esportatori, costituì una realtà dapprima in forte espansione (dai 187 vagoni spediti nel 1923 ai 957 del 1926), cui seguì una pausa nel 1927-28, nella quale si combinarono ragioni di ordine monetario e meteorologico, premessa alla grande campagna del 1930 (1863 vagoni). Vennero, poi, gli anni della crisi, segnati dalla svalutazione della sterlina, da inasprimenti doganali, restrizioni valutarie, contingentamenti, severi controlli sulla sanità della merce, istituzione dei permessi di importazione ed adozione da parte della Germania degli acquisti in fattura, a prezzo fisso, in luogo delle spedizioni in conto commissione. Il mercato tedesco, la cui domanda si andava espandendo anche per effetto dell'elevato potere d'acquisto del marco e della politica espansionistica della Germania nazista, rimase comunque fondamentale per l'assorbimento dei prodotti cesenati. La seconda guerra mondiale paralizzò ogni attività e notevole fu il numero degli alberi da frutta distrutti o gravemente danneggiati nell'agro cesenate. Ma nel dopoguerra la ripresa dell'attività esportatrice fu immediata. Nell'attesa che i nuovi impianti frutticoli entrassero In produzione (a partire dal 1948), i commercianti acquistarono e rivendettero i prodotti di altre regioni, a cominciare dagli ortaggi marchigiani. La presenza sui mercati europei di nuovi paesi concorrenti, le cui espor­tazioni frutticole furono agevolate dai rispettivi governi, dallo stato dei rapporti inter­nazionali e dalla possibilità di produrre a costi più contenuti (come Spagna, Grecia, Stati Uniti e poi Israele e paesi nord-africani), spinse alla realizzazione di un mercato ortofrutticolo nazionale. L'obiettivo di trasformare la frutta in alimento di massa venne raggiunto in breve tempo e tale tendenza si consolidò sull'onda dell'espansione economica degli anni Cinquanta e del boom dei primi anni Sessanta.
La novità degli ultimi trent'anni è stata rappresentata, come sostiene il Varni