Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno <1992>   pagina <535>
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Libri e periodici
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nuovo da un punto di vista politico, che caratterizzò tanta parte dell'intellettualità italiana, specie meridionale, nel corso dell'Ottocento, come ripetutamente Labriola ebbe occasione di segnalare ad Engels nel suo carteggio degli anni '90. Nelle sue prime apparizioni, questo marxismo si presentò in modi variegati. In un primo periodo, fino alla seconda metà degli anni 70, dominarono gli interventi diretti o tramite interlocutori italiani di Marx e di Engels, di netto stampo polemico. Accadde soprattutto con gli scritti sull'Indifferenza in materia politica e sull'Autorità, del 1873-74, editi originariamente in Italia. Un secondo periodo può essere identificato come età del­l'attenzione (p. 6), sia da parte di Engels sia da parte delle emergenti forze socialiste. Un terzo periodo, concomitante con l'azione svolta individualmente da Labriola e, in termini collettivi, dal gruppo milanese della Critica Sociale, coincise piuttosto con la riflessione sulle conseguenze sociali dell'unità nazionale e sui danni e sui ritardi causati, nel movimento operaio, dalla scelta anarchica e avventurista di tanti militanti. I quali poi, con Andrea Costa in testa, a partire dagli anni '80 condussero un'autocritica serrata; ma i ritardi, secondo l'A., sopravvissero e avrebbero condizionato, anche sotto altre vesti, la storia del socialismo italiano almeno fino a Gramsci.
GIAN BIAGIO FURJOZZI
GIOVANNI BUSINO, L'Italia di Vilfredo Pareto. Economia e società in un carteggio del 1873-1923', Milano, Banca Commerciale Italiana, 1989, voi. I, pp. 849; voi. II: Epistolario, pp. 877. S.p.
La scienza economica e la sociologia sono debitrici verso Fritz Wilfrid Pareto di un duplice nuovo orientamento scientifico. Al classicismo di Adam Smith, critico delle interferenze governative nel gioco benefico e ordinato delle libere forze del mercato, di Malthus e Ricardo, cupi profeti dei rendimenti decrescenti e della lotta per la distribuzione di un reddito sociale limitato fra salariati, proprietari terrieri e capitalisti, subentrò, un secolo fa, l'economia neoclassica. Le teorie di Pareto aprirono un'autentica età risorgimentale alla scienza economica. Nel Corso di economia politica, pubblicato negli anni 1896-97, e nel Manuale di economia politica, uscito nel 1906, Pareto riprese la teoria dell'equilibrio economico generale di Leon Walras per riesporla, grazie alla sua preparazione matematica, in maniera più rigorosa. Ciò gli consentì di distìnguere tra i termini astratti del problema economico {l'allocazione di certe risorse in maniera ottimale rispetto ai gusti degli individui) ed il sistema istituzionale in cui gli individui agiscono (per esempio, un sistema basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione piuttosto che sulla loro proprietà collettiva). L'analisi delle scelte, ossia delle azioni individuali, fu affrontata da Pareto con grande originalità: egli respinse l'impiego del concetto di utilità, intesa come grandezza psichica e cardinale alla maniera di W. S. Jevons e di Walras, e ricorse all'ipotesi di un sistema di preferenze (rappresentabili geometricamente da una mappa di curve di indifferenza ) che riteneva suscettibili di verifica empirica. Ciò lo portò alla nozione, divenuta celebre, di ottimo paretùmo: non tanto una situazione in cui l'utilità della società è massima, quanto una situazione in cui non è possibile migliorare la condizione di un individuo senza peggiorare quella di un altro.
In sociologia, l'opera paretiana, concretizzatasi nel monumentale Trattato di sociologia generale, pubblicato nel 1916, oppose la metodologia logico-sperimentale alle spesso tediose vie della mera registrazione casistica oppure dell'astratta modellistica. Nessuno dei grandi fondatori dell'analisi sociologica moderna, neppure Max Weber, Durkheim o Simmel, insistette con tanta forza sulla natura empirica della sociologia.