Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno <1992>   pagina <536>
immagine non disponibile

536
Libri e periodici
Ma il Pareto fece di più: collegò indissolubilmente la sociologia alla storia, quale magazzino non trascurabile di fatti e di processi. Pure considerata in questo ambito, però, l'analisi sociologica non poteva mai essere soddisfacente, per Pareto, senza il contributo dell'economia politica. Inoltre, come tutte Je,scienze dell'esperienza, la socio­logia soggiaceva ai princìpi del metodo e delle teorie conoscitive di tutte le scienze sperimentali, le cui caratteristiche si fondano su un'adeguata combinazione di teoria e di empirismo. Ciò comportava necessariamente il distacco consapevole da qualsiasi presa di posizione politica, che avrebbe tradito a priori ogni affermazione scientifica.
I volumi che qui si presentano si compongono di un ampio saggio del Busino e dell'Epistolario, che consentono un esame d'insieme delle problematiche paretiane. Le lettere raccolte, che completano i carteggi curati precedentemente dallo stesso Busino e da Gabriele De Rosa, provengono da un copialettere fortunosamente sottratto al fuoco o alla dispersione, ma sono state sempre verificate sugli originali, quando è stato possibile reperirli e quando ne sono state autorizzate la consultazione e la pubblicazione. Ciò che appare dal lavoro del Busino non è il Pareto economista, sociologo e politologo, ma soprattutto l'uomo, il patriota e lo scienziato. Siccome i corrispondenti non sono solo economisti o uomini politici, ma anche scrittori, filosofi, matematici, romanzieri o giornalisti, i diversi quadri tratteggiati dal Busino sulla base del carteggio esaminato pur non essendo reciprocamente collegati, riescono ad evocare, più o meno nettamente, l'Italia quale il Pareto rintrawide.
II Busino inizia la sua indagine evidenziando le illusioni e le delusioni del giovane ingegnere il quale, cosciente del suo valore, credette che questo fosse da solo sufficiente per entrare in politica, ma ben presto si accorse che i politici dimostravano una profonda avversione per coloro che pronunciavano giudizi sulla mancanza di scrupoli, sulla venalità e sul politicantismo. Umiliato nel suo orgoglio, il Pareto si rifugiò nella contemplazione del mondo dell'economia pura ma, negli anni Settanta del XIX secolo, le società europee e quella italiana subirono troppi sconvolgimenti perché egli potesse chiudersi totalmente nella torre d'avorio dell'economia matematica. Le riforme dei sistemi elettorali spinsero il Pareto, dichiaratosi un radicale liberale sensibile alle offese alla libertà da qualunque parte ven [isserò] (p. 25), ad uscire dal suo isolamento. Egli si impegnò nelle attività di propaganda, divenendo ardente portavoce del filosofo ginevrino Ernest Naville e, quindi, fautore del sistema della rappresentanza proporzionale. Dopo il 1890, i contatti del Naville con il Pareto si allentarono: entrambi seguirono, come sostiene l'Autore, la stessa evoluzione, credendo per un momento che la conciliazione tra il liberalismo e la democrazia fosse possibile, ma finendo per persuadersi poi del contrario. In quegli anni cominciarono ad essere evidenti i tratti più notevoli del giovane Pareto che osservava l'amatissima Italia: gusto della libertà, senso della decadenza, disillusioni circa il progresso come transizione dal meno al più, attaccamento al pacifismo libero scambista, opposizione al militarismo ed al colonialismo, condanna del sistema tributario italiano, considerato ingiusto ed inefficace, convinzione che la piovra dello Stato turbi gli equilibri, sconvolga le regole naturali, corrompa e depravi ogni cosa. La politica economica e finanziaria dello Stato italiano, a suo parere, rendeva difficile l'accumulazione del capitale e mortificava lo spirito imprenditoriale, ostacolando lo sviluppo economico del Paese: egli s'ingegnò a svelare le magagne contabili con cui si arrivava a dissimulare il debito pubblico e si batté affinché la politica monetaria e creditizia e le attività delle banche fossero improntate alla più asbduta libertà, trascurando, forse, in quanto teorico, i problemi della circolazione, considerati subalterni rispetto a quelli della produzione. Condannò i tentativi dello Stato italiano di colmare il deficit della bilancia commerciale attraverso l'emissione di biglietti di Stato e la circolazione di biglietti di banca, ma quando, verso il 1902, la circolazione fiduciaria ribassò, finì col riconoscere che la lira, agli albori del secolo, reggeva bene, nonostante tutto e contro tutto.
li Pareto cominciò allora a chiedersi perché mai l'economia non arrivasse a