Rassegna storica del Risorgimento
GUERRA ITALO-TURCA 1911-1912; MEZZANO SEBASTIANO LETTERE
anno
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1992
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pagina
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537
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Libri e periodici 537
rendere conto compiutamente della realtà effettuale, cominciando in tal modo il suo passaggio graduale dallo studio dell'economia all'analisi sociologica. Ed è proprio in questo nuovo contesto che il Busino approfondisce le discussioni, le polemiche e le càriche del Pareto nei confronti del marxismo e del socialismo. La sua posizione, osserva l'Autore, non era, Ln fondo, dissimile da quella di Durkheim e di Max Weber. Anch'egli contestò la validità scientifica del marxismo, riconobbe le possibilità mobilizzatrici del socialismo, ma d'accordo con Weber ed in opposizione a Durkheim, formulò un giudizio sostanzialmente negativo sui meriti socialisti. Egli riteneva che i sistemi socialisti miravano, in nome di un ordine ideale superiore, a cambiare l'ordine delle cose ed a trasformare gli equilibri naturali, sicché, per porre riparo alla diffusione delle idee egualitarie, bisognava limitare i poteri delle assemblee rappresentative. In definitiva, osserva l'Autore, il Pareto restò essenzialmente un liberale antidemocratico e non arrivò ad accorgersi che i grandi cambiamenti intervenuti nel Paese, soprattutto dal 1882 in poi, esigevano che ad un ordine delle cose se ne sostituisse uno nuovo, che stentava però a definirsi e che certo lasciava prosperare la corruzione, la speculazione e gli orrori che egli tanto paventava.
Il disprezzo assoluto per la classe governante indusse il Pareto ad intrattenere rapporti con pochi uomini politici. Tra questi, fatta eccezione per l'amatissimo Maffeo Pantaleoni, tre emergono nell'epistolario: Felice Cavallotti, Francesco Papafava e Napoleone Colajanni. Del primo ammirò la coerenza morale e l'opposizione sempre più fiera alla politica crispina; del nobile padovano Papafava condivise l'impegno nel movimento cooperativistico e la necessità di provvedere all'istruzione del popolo; del Colajanni ammirò l'onestà e l'integrità, nonché la lotta per la riduzione delle spese militari e contro il colonialismo.
L'insegnamento dell'economia a Losanna lo mise, poi, in contatto con problemi pedagogici e pratici, per cui cominciarono a nascere le prime riflessioni sul comportamento dell'uomo e su che cosa lo spinge ad agire. Egli riconobbe che le azioni degli uomini, quali vengono studiate dall'economia, sono diverse da quelle che accadono e si svolgono nella realtà. Nello studio Le azioni non-logiche si scorge, a parere del Busino, l'idea del Pareto che il solo terreno sicuro su cui il ricercatore in sociologia possa muoversi è la storia. A tale proposito, piuttosto stimolante è la descrizione dei rapporti tra Pareto e Benedetto Croce, il quale si diceva sbalordito nell'apprendere che l'economista si fosse dato a studi di sociologia, cioè di una disciplina inesistente, dato che essa si identificava con la storia. Pareto reagì osservando che la storia studia il complesso dei fenomeni, mentre la sociologia scinde quel complesso nelle sue parti e le studia separatamente. Ma i contrasti non finirono qui: il Croce contestò al Pareto la distinzione delle azioni in logiche e non logiche, ritenendola d'ordine puramente teoretico; sostenne la necessità di distinguere e differenziare la filosofia dell'economia dalla scienza dell'economia, dando vita ad un dibattito emblematico perché ancora oggi non superato. Sociologia e filosofìa, sostiene Busino, continuano a guardarsi con gli stessi sentimenti con cui 11 Pareto ed il Croce si affrontarono: la filosofia oppone alle scienze sociali l'intuizione e la riflessione; la sociologia e la psicologia ritengono che l'intuizione è un prodotto ancora indifferenziato di inferenze deduttive e di esperienze ed in quanto tale riducibile al modo di conoscenza della sociologia.
Negli anni del nazionalismo, tra il 1870 ed il 1914, l'ordine liberale, i privilegi economici e quelli ideologicamente consacrati, le dottrine dell'uguaglianza e la lotta di classe furono rifiutati in nome della grandezza, della potenza e dell'alto senso dèlia Nazione. In questo contesto è interessante l'esame dei rapporti del Pareto con Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini, entrambi letterati ed organizzatori culturali, sensibili alla novità, aperti al nuovo, poco scrupolosi di coerenza e di rigore, attenti alle mode ed ai successi, divoratori e consumatori di idee e di dottrine, di filosofie e di religioni (p. 639), e perciò assai diversi dallo scettico e pessimista Pareto. Quest'ultimo era, invece, molto vicino a Georges Sorel ed alla sua convinzione che de tous les gouvernements, le plus mauvais est celui où la richesse et les capacités se partagent