Rassegna storica del Risorgimento

DE SANCTIS FRANCESCO
anno <1993>   pagina <24>
immagine non disponibile

24
Antonio Carrannante
Non nel senso di una generica inclinazione o indulgenza giovan Distica , che andava, e va, molto di moda; ma in senso molto più. profondo, di chi vuole da un lato garantire al giovane di diventare uomo , ma dall'altro anche che nell' uomo possa sopravvivere il giovane. Certo, il vero problema giovanile è e sarà sempre quello di crescere, diventare adulti, e quindi non essere più giovani ; e di essere aiutati in questo processo vitale. Ma sentiamo cosa pensava e diceva il De Sanctis, sulla necessità di salvaguardare e conservare intatta, in ogni uomo onesto, quella regione celeste in cui solevano sollevarci gli ideali della nostra gioventù:
Non vi è cosa più stolta del giovane che voglia far l'uomo. Nell'uomo le idee sono ' pratiche ', come oggi si dice: e da quella regione limpida, ove incontaminate scintillano alle fantasie giovanili, elle scendono nell'atmosfera de­gl'interessi e delle passioni, e si mostrano solo all'esperienza e al consiglio. Non si governa colla poesia, ma colla storia. Non si governa co' libri, ma col mondo. Ma quando in quell'atmosfera le idee sono corrotte dal contatto degl'inte­ressi e delle passioni, quando gli uomini si chiamano pratici per ridersi delle eterne idee di libertà e giustizia, e sostituirvi perituri trattati e perituri interessi, da allora gli uomini onesti si rifuggiranno di un tratto in quella regione celeste; e tutto non è ancora perduto, se voi troveranno colà estranei ai sofismi del mondo e cultori perpetui ed ingenui dell'immutabile e dell'eterno.2"
Anche a questo occorre pensare quando si parla di nuovo umane­simo del De Sanctis. Il concetto di cultura, ampio articolato ed armo­nico, da lui elaborato; la sua convinzione che lo studioso debba saper anche inamergersi nella lotta politica, nel contatto col mondo; sono altret­tanti tasselli di quel mosaico.
E vorrei a questo proposito ricordare almeno quella lettera che il De Sanctis scrisse a Pasquale Villari, per incitarlo ad uscire dal cerchio ristretto dei suoi studi prediletti, ed a gettarsi nella lotta politica; e lo faceva con parole che a tanti secoli di distanza sembravano riecheggiare le famose parole scritte da Coluccio Salutati all'amico suo Pellegrino Zambeccari, che aveva manifestato l'intenzione di chiudersi in un con­vento.22) Ma leggiamo il De Sanctis:
Anch'io ho creduto per lungo tempo che starsene chiuso a lavorare fosse il meglio. E non è vero. La mente s'inaridisce, ti sopraggiunge la malin­conia e lo scoraggiamento; alterni tra una falsa esaltazione ed un inutile fanta­sticare; divieni timido, goffo, perdi ogni fidanza in te. Mi sforzo talvolta di uscire da questo stato e ci ricado; in me è divenuto malattia cronica. Tu sei ancora giovane e non sei giunto a queste conseguenze, ma forse ci giungerai. Il contatto col mondo ci dà un giusto sentimento del reale, ciò che manca soprattutto a noi napolitani, che viviamo di rèves o sdruccioliamo nell'opposto,
2i) Cfr. FRANCESCO DE SANCTIS, Discorso a* giovani, cit., p. 92.
22) Cfr, EUGENIO GARIN, La letteratura degli umanisti, in Storia della Letteratura Italiana. Direttori: Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, III: // Quattrocento e l'Ariosto, Milano, Garzanti, 1966, p. 15.