Rassegna storica del Risorgimento
CONVENZIONE DI SETTEMBRE 1864; VEGEZZI-RUSCALLA GIOVENALE
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1993
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Vincenzo Vannini
patriottico. Torino lungo tutto il corso del XIX secolo era riuscita, lentamente ma con grande tenacia, a conquistarsi un ruolo di primo piano nel concerto europeo, riuscendo a far valere in un continente traumatizzato dall'esperienza napoleonica prima e da quella rivoluzionaria del biennio 184849 poi, i concetti liberali di indipendenza e di unità nazionale. Cavour era riuscito con l'arma della diplomazia, l'acume politico die lo caratterizzava, la spregiudicatezza di chi è consapevole dei propri mezzi ed una buona dose di fortuna laddove Mazzini aveva fallito con il suo apostolato democratico. A questo processo aveva inoltre contribuito la politica estera, spesso sotterranea e decisamente poco ortodossa, di Vittorio Emanuele li, che era riuscito ad imbrigliare e volgere a proprio vantaggio i conflitti intestini che agitavano gli imperi sovra-nazionali dell'Europa centro-orientale, confidando in questo sull'abilità e la spregiudicatezza dei suoi diplomatici (ufficiali e non) ma soprattutto sul sicuro richiamo esercitato sugli uomini d'azione di ogni dove dalla già mitica figura di Giuseppe Garibaldi.3) Anche in questo Mazzini aveva visto giusto, ma non era riuscito a mantenere legato a sé né Garibaldi né gli uomini migliori del suo tempo che, sotto la guida militare dell'eroe dei due mondi, quella politica di Cavour e la bandiera monarchica, erano riusciti a dare consistenza a quella che pochi decenni prima Mettermeli aveva spregiatamente definito una mera espressione geografica. Torino andava dunque ad identificarsi nell'opinione pubblica con la monarchia, con il governo (almeno sino alla scomparsa di Cavour), ma più in generale con il processo di unificazione nazionale, quel fenomeno che dopo il repentino tramonto dell'illusione neoguelfa, il reiterato fallimento dei tentativi insurrezionali di ispirazione mazziniana, non aveva potuto realizzarsi che sotto lo stendardo di casa Savoia.
Tutto questo significava Torino, a maggior ragione per i suoi abitanti, che non potevano non considerare il trasloco della capitale a Firenze (la clausola segreta della Convenzione era rimasta tale solo per poche ore, tant'è che già il 18 settembre ne facevano menzione i giornali) come un'autentica sciagura. La città si trasformò in un campo di battaglia. Militari e carabinieri, schierati a difesa dei punti strategici, assunsero ben presto un atteggiamento offensivo giungendo a compiere, nelle sanguinose giornate del 21 e 22 settembre, un vero e proprio eccidio. Oltre cinquanta furono i morti, i feriti quasi il triplo; i manifestanti, sottoposti a ripetute scariche di fucilerìa, assalti alla baionetta senza intimazione preventiva e cariche di cavalleria,- furono letteralmente falcidiati dai reparti dell'esercito fatti giungere, di rinforzo a quelli di stanza nella città, anche da altre regioni della penisola. La metropoli era precipitata nell'anarchia: quando fu portato il corpo della prima vittima degli scontri sotto le finestre del Municipio, il consiglio comunale, riunito in seduta straordinaria, propose di autocostituirsi in una sorta
3) Si leggano in proposito le pagine dedicate da Angelo Tamborra alle imprese garibaldine ed alla fama che accompagnava in ogni angolo dei vecchio continente l'eroe nizzardo nel volume Garibaldi e l'Europa, Impegno militare e prospettive politiche, Roma, 1983.