Rassegna storica del Risorgimento
CONVENZIONE DI SETTEMBRE 1864; VEGEZZI-RUSCALLA GIOVENALE
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Vincenzo Fanmni
sua fantasia. La politica era una di queste. Non si espresse con un pronunciamento negativo nella votazione sulla cessione di Nizza e della Savoia, probabilmente per uniformarsi alle decisioni prese all'interno del suo schieramento, ed è verosimile che fosse anche questo il motivo per cui non prése parte attiva alla discussione che accompagnò quel voto, sebbene avesse appena un anno prima pubblicato un libello in cui aveva voluto dimostrare attraverso spiegazioni scientifiche di natura etnolinguistica (la materia da lui prediletta) l'italianità della città di Nizza.7* L'unico ruolo attivo fu quello di commissario della biblioteca, incarico che gli permetteva di disporre a piacimento dei corposo patrimonio librario del Parlamento, ma soprattutto lo lasciava libero da altri impegni, dandogli così modo di dedicarsi quasi a tempo pieno agli studi.
La Convenzione lo scosse dal torpore in cui sembrava essere immerso, portandolo ad una crisi interiore per cui fu sul punto di rimettere in discussione tutte le sue convinzioni. Accesa fu la sua reazione, ma non del tutto esplicita: iniziò in quel periodo a collaborare anonimamente al Popolo d'Italia, foglio democratico di ispirazione mazziniana che si stampava a Napoli sótto la direzione di Giorgio Asproni. La decisione, sofferta ma perseguita una volta presa con estrema coerenza, era il frutto di un compromesso cui era giunto con se stesso il Ruscalla: avrebbe attaccato, e duramente, l'operato del governo, ma non sarebbe passato all'opposizione in maniera manifesta. Il suo sarebbe stato un dissenso anonimo ma non per questo meno incisivo e critico di quello democratico. Sebbene colpito duramente, Vegezzi-Ruscalla non voleva dunque tagliarsi
7) G. VEGEZZI-RUSCALLA, La nazionalità di Nizza, Torino, 1859. L'opuscolo, pubblicato in un primo momento sotto forma di articolo sulle pagine della Rivista contemporanea (a. VII, Vóli. XIX, Torino, 1859, pp. 3-45), prendeva spunto da una polemica insorta tra due giornali provenzali, L'Avenir ed il Nizzardo. Il primo foglio sosteneva veementemente una tesi secondo cui Nizza, assieme alla regione circostante, doveva considerarsi francese per origine, lingua e tradizione; l'altro, con pari energia, rivendicava l'italianità della città.
Vegezzi-Ruscalla, intervenendo in qualità di esperto di problemi etnografici e linguistici, prendeva spunto dai requisiti indicati da Pasquale Stanislao Mancini per definire il concetto dì nazionalità: unità di territorio, di origine, di costumi, di lingua e di coscienza sociale. Pur ritenendo l'insieme di tutti questi elementi eccessivo, analizzandoli singolarmente aveva potuto constatare come ognuno di essi attestasse l'italianità della città. In particolare, per quel che riguardava la lingua, i nizzardi parlavano un dialetto provenzale; la decadenza di quell'idioma, riconducibile temporalmente al 1481, aveva subito un durissimo colpo con la strage degli Albigcsi. I dialetti sopravvissuti, non avendo più un elemento di coesione, furono fortemente influenzati dalle lingue colte di quelle province cui furono unite politicamente; il volgare di Nizza divenne cosi un dialetto italiano.
Di I) a poco, com'è noto, l'argomento avrebbe avuto una ben più vasta cassa di risonanza. Nella discussione parlamentare sulle cessioni dì Nizza e della Savoia alla Francia, Urbano Rat lazzi, nell'intervento in cui manifestava il proprio profondo dissenso dalla risoluzione governativa, argomentò le proprie posizioni citando lo scritto etnografico del Vegezzi e questi, per riconoscenza, gli dedicò, l'anno seguente, un altro suo studio, Diritto e necessità di abrogare il francese come lingua ufficiate in alcune valli della provincia di Torino.