Rassegna storica del Risorgimento

GRABINSKI J?ZEF
anno <1993>   pagina <485>
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Józef Grabinski
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li sconfigge in maniera definitiva. Lo scontro è duro, sotto Grabinski viene ucciso il cavallo. Il 17 luglio il podestà di Ferrara ringrazia pubbli­camente il generale per aver represso il brigantaggio nella regione; offre a lui un bel cavallo e ai suoi uomini un donativo in denaro. Il ministero della Guerra, invece, non solo non ringrazia Grabinski per il buon esito della sua missione, ma lo biasima per aver accettato i doni di cui sopra. Il generale risponde per le rime, visibilmente infastidito: lui e i suoi uomini hanno rischiato la vita e si sono meritati questa ricompensa, peraltro abbastanza modesta. Il Ministero non insiste più, ma non si può dire che abbia fatto una bella figura.
Un po' amareggiato, ma certamente anche orgoglioso del successo ottenuto, il vincitore dei briganti rientra nella sua proprietà di San Martino e riprende la vita di gentiluomo di campagna, tanto consona alle tradi­zioni polacche. Una grande città, Bologna, è però vicinissima. Il generale vi è conosciuto e stimato, lo ricevono le migliori famiglie; la vita mondana non gli dispiace affatto. Intenderebbe però accasarsi: ha ormai 40 anni. Alla sua ex amica Calegari evidentemente non pensa più (non sappiamo che fine abbia fatto), ora gli ci vuole una persona molto per bene. Nel marzo 1811 sposa infatti la contessina Maria Anna Broglio, figlia di un aristo­cratico bolognese e di una nobildonna veneziana-corfiota. La fanciulla, poco più che bambina, nata nel 1796, ha 25 anni meno di lui ed è molto bella. Adesso il nostro eroe comincia a vivere beato, senza preoccuparsi troppo della situazione politica che precipita con il crollo dell'Impero francese.
Caduto in disgrazia ai tempi di Napoleone, Grabinski potrebbe ora cercare di rifarsi, brigando qualche carica, ecc., ma non ci pensa affatto. La bella moglie e una rendita, a quanto pare, più che discreta, lo soddisfano interamente. È da credere, tuttavia, che abbia seguito con emozione le drammatiche vicende del suo ex compagno d'armi e protettore, Gioac­chino Murat, che finisce fucilato a Pizzo nel 1815; della sorte dell'impera­tore dei francesi, invece, è probabile che non gliene importi né punto, né poco.
Sembra dunque che, nello Stato Pontificio restaurato, il polacco abbia trovato il suo posto che è quello di un proprietario terriero benestante e bene inserito negli ambienti aristocratici di Bologna, dove ha ormai una bella casa in strada San Vitale, al n. 879. Partecipa attivamente ai lavori della Società Agraria della provincia di Bologna, colleziona libri, mano­scritti e stampe che lascerà poi per testamento alla biblioteca dell'Archi* ginnasio, dove si conservano ancora oggi. Lo occupano molto i vari impegni mondani; nessun interesse invece sembra manifestare per le attività degli oppositori del governo pontificio che sfoceranno nei moti del 1831. Saranno quindi una sorpresa per molti l'entusiasmo e lo zelo con cui, di punto in bianco, egli abbraccerà la causa degli insorti bolognesi e romagnoli.
L'insurrezione nelle Legazioni comincia, com'è noto, ai primi di feb­braio del 1831. I Grabinski si trovano a Bologna; nell'estate dell'anno prima sono tornati dall'isola di Corfu dove si erano trattenuti, in una proprietà ereditata dalla madre di Maria Anna, per un periodo abbastanza lungo, e comunque fin dall'inizio del 1829; nel gennaio era nato nell'isola il loro secondogenito Carlo, dal padre ormai cinquantottenne. Qualche mese dopo il loro ritorno, giunge a Bologna una notizia dalla lontana Polonia: nel