Rassegna storica del Risorgimento
GENOVA PORTO 1901-1910; MURIALDI LUIGI
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1993
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552 Ejfofi e periodici
il commercio, i rapporti col clero, la polizia, la cultura, la stampa e gli spettacoli. Il processo di organizzazione fu interrotto dalla pace di Presburgo, che vide l'Austria ritirarsi dal Veneto; pertanto non ne derivarono tutti i frutti che ci si potevano attendere. Tuttavia, mettendo in luce le insufficienze del passato e l'impossibilità di far rivivere le vecchie strutture, esso avviò un processo di ammodernamento che, anche se imposto dall'alto, rappresentò un notevole tentativo di dar vita a qualcosa di nuovo.
Il periodo è stato poco studiato. Qualcosa è stato detto nelle vecchie opere del Peverelli, del Mutinelli, del Dandolo e del Marchesi. L'argomento è stato ripreso recentemente da Zorzi, Scarabello e qualche altro, quasi sempre però all'interno di un contesto più ampio. Questa del Gottardi è invece l'unica opera che tratti in modo specifico ed esauriente la complessa tematica di quegli anni sulla base non solo di un'ampia bibliografia (quasi 400 numeri), ma anche e soprattutto di una vasta documentazione di prima mano ricavata dagli Archivi di Stato di Venezia e Vienna, da quello Segreto Vaticano e da quello della Curia patriarcale di Venezia, nonché da alcune biblioteche: l'Ambrosiana di Milano, la Civica di Verona e le veneziane Marciana, Querini Stampalia e del Museo Correr.
GIOVANNI PILLININI
BIANCA MONTALE, Parma nel Risorgimento. Istituzioni e società (1814-1859); Milano, Franco Angeli, 1993, in 8, pp. 144. S.p.
A proposito della storiografia sul Risorgimento, al giorno d'oggi si potrebbe ripetere il detto antico mala tempora currunt , calcolando l'egemonia culturale esercitata nell'ultimo cinquantennio da un ramo di quella nel mondo dei dotti e degli indotti. È diventato ormai un luogo comune fra larga parte degli uni e degli altri parlare del Risorgimento come di una rivoluzione mancata o fallita , mentre l'accusa infamante di un tempo, ha detto male di Garibaldi , si è rovesciata in un ha detto bene di Garibaldi . La dissacrazione ha preso il posto dell'agiografia, senza tener conto che l'una e l'altra dovrebbero escludersi o considerarsi estranee all'impegno scientifico. Tanto è vero che si è giunti al punto, dopo aver ben bene maltrattati i protagonisti della nostra rivoluzione nazionale, di escludere in certi casi il termine stesso Risorgimento dalla nostra storia, contrapponendo ad esso, o meglio sostituendo ad esso, la trattazione compiaciuta dei vecchi Stati e delle vecchie dinastie, quasi rasentando il si stava meglio quando si stava peggio della banale stampa reazionaria.
Bene ha fatto Bianca Montale a lasciarsi dietro le spalle le sterilì, se non proprio dannose, diatribe, impegnandosi in una seria e documentata disamina della Parma di Maria Luigia, e poi. dei Borboni, nelle sue istituzioni e nel vario articolarsi della sua società fondamentalmente a base agraria. Staterello di signorotti proprietari terrieri trovarono nell'Arciduchessa austriaca, e prima nell'esperienza francese, un modo di governare assolutistico, ma non privo di un benigno savoir faire, e del rispetto di sani principi amministrativi, secondo il modello asburgico. Alquanto diversamente andarono le cose con Cario III e Luisa Maria di Borbone, anche se quest'ultima sentiva con una certa urgenza la necessità di staccarsi dall'eccessiva dipendenza dall'Austria, quasi presaga della tempesta, che avrebbe spazzato via il suo fragile trono.
Ci sembra di particolare importanza e originalità l'analisi che la Montale compie dell'efficacia che le norme di buona amministrazione, comprese quelle della giustizia ebbero nella vita quotidiana della società parmense, e soprattutto la riduzione della loro importanza di fronte ai grandi ideali costituzionali e nazionali agitati dal movimento risorgimentale.
UMBERTO MARCELLI