Rassegna storica del Risorgimento

GENOVA PORTO 1901-1910; MURIALDI LUIGI
anno <1993>   pagina <556>
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556 Libri e periodici
troncò questo fermento di idee e di proposte, servendosi delle sistematiche indicazioni dei prefetti (longa manus del Governo) per la selezione dei candidati al laticlavio (e qui è apprezzabile la ricerca archivistica condotta).
L'assemblea vitalizia, tuttavia, non rimase indifferente, anzi cominciò a mani­festare il proprio disagio per la svolta autoritaria che si andava profilando; del resto, ricorda l'Autore che pure nell'intermezzo gjolittiano si seguirono i criteri crispini per la scelta dei candidati al laticlavio.
È all'indomani delle elezioni del 1892 quando il conflitto con l'esecutivo aveva raggiunto livelli oramai critici che maturano le reazioni senatorie, alimentate dalle istanze per un ritorno al sistema costituzionale fissato nello Statuto albertino, con il conseguente potenziamento dei poteri della Corona, a scapito di quelli eccessivamente ampliati, della Camera elettiva.
Si giunse, così, al progetto Saredo del 1894, il quale, annota Antonetti, stabilendo la convocazione periodica di collegi elettorali chiamati ad esprimere i candidati al lati­clavio, rivelava l'intenzione di non creare contrapposizioni troppo rigide fra la Corona ed il ramo elettivo del Parlamento.
Nonostante ciò, il R.D. del 1901, voluto dal gabinetto Zanardelli, che conferiva al Consiglio dei Ministri il potere di deliberare sulle nomine dei senatori, finì con l'accentuare l'effettiva dipendenza del Senato dall'esecutivo, e, quindi, la connotazione della Camera Alta quale mera emanazione del Governo, nonostante lo stesso Zanardelli, mediante infornate ben dosate, avesse iniziato quel processo, poi maturato in età giolittiana, di scissione delle carriere politiche da quelle amministrative. A tutto ciò fa da contraltare l'eccessivo parlamentarismo conosciuto dalla vita istituzionale italiana negli ultimi anni del secolo. Affiorano, allora, le istanze riformatrici per un'effettiva rappresentanza, nel Senato, degli aggregati socio-economici già presenti nella società civile.
È in questo contesto che vanno interpretate a giudizio dell'Autore le posi­zioni di quegli studiosi (specie di area cattolica), che, in nome di una sociocrazia cristiana , ipotizzano una Camera Bassa che traduca in legge gli interessi tempo­ranei dello Stato, accanto a una Camera Alta, pure elettiva, con funzione di mediazione.
Se per queste voci (in primis: Sturzo) aprire la strada alla rappresentanza degli interessi in Parlamento significava in sostanza restituire il valore dovuto alla sovranità popolare, per i progetti socialisti più estremisti (elaborati all'indomani della Grande Guerra, di un'epoca cioè di progressivo esautoramene delle funzioni parlamen­tari) Il Senato andava addirittura abolito e, con esso, il sistema bicamerale, per creare un'unica Camera, eletta a suffragio universale, in un contesto istituzionale repubblicano.
Ricorda l'Autore che accanto a queste istanze più radicali del socialismo italiano, si ponevano le proposte socialiste riformiste di un bicameralismo a base popolare e professionale (Rigola), quando non, addirittura, di mantenimento del Senato, seppure a base elettiva (Turati).
L'introduzione del suffragio veramente universale, la trasformazione del sistema parlamentare nel segno di una maggiore attenzione alle istanze regionalistiche e agli interessi delle singole professioni, saranno il contenuto delle proposte dei repubblicani, dei futuristi, dell'Associazione Nazionale Combattenti, dell'Unione Italiana del Lavoro, di Alcesfe De Ambris (che trasfuse le proprie idee nella Carta del Carnaro), di Sergio Panunzio (con la teorizzazione del primato sindacale), di Alfredo Rocco (per un Senato espressione delle collettività organizzate) e dello stesso primo Mussolini.
Ma a questo punto e forse proprio perché in questo punto nota un interes­sante raccordo con alcune proposte attuali il volume dedica opportunamente alcune pagine della propria ricerca al progetto Sturzo per la riforma del Parlamento, che, ritenendo assolutamente deleteria per il regime parlamentare dello Stato liberale la no­mina vitalìzia dei senatori (perché tradottasi in monopolio ministeriale), propone l'intro­duzione di un sistema elettorale proporzionale plurinominale, a suffragio universale, per