Rassegna storica del Risorgimento
Epaminonda Farini. Domenico Farini. Epistolari. Secolo XIX
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1994
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Libri e periodici
insufficienze e le sottolineava, ma queste osservazioni critiche non lo portavano a sminuire la positività ed il valore culturale, civile e politico del Risorgimento. In tale direzione, un momento importante della ricerca di Sestan fu il saggio Risorgimento italiano e unità tedesca nel quale, attraverso il rapporto comparativo tra i due processi, riuscì a cogliere a parere di Corsini l'essenza, l'anima per così dire, del Risorgimento italiano (p. 112): per i Tedeschi, il problema fondamentale era stato quello dell'unità; per gli Italiani, le questioni dell'indipendenza e dell'unità erano in funzione delle libertà costituzionali. Corsini sottolinea il coraggio di una simile impostazione storiografica, se si considera l'anno di pubblicazione di quello studio, il 1942, mentre nel-ritalia fascista e nella Germania nazista ormai da tempo si accreditava, basandosi su alcune affinità puramente estrinseche (Piemonte e Prussia, Cavour e Bismark, Sedan e Porta Pia), la tesi secondo cui storia d'Italia e storia di Germania, nel secolo XIX, fossero state una specie di comune idillio.
Proseguendo nella disamina dell'itinerario critico di Sestan all'interno della vicenda risorgimentale, Corsini rileva la grande simpatia dello studioso nei confronti di Cattaneo, con il cui pensiero si sentiva in un certo senso all'unisono (p. 116), ma puntualizza che sicuramente per Sestan il regionalismo e l'Italia federata di Cattaneo non avevano il fine di contrapporre l'ima all'altra le varie parti del Paese, bensì di conservare e valorizzare le energie locali in un'entità nazionale animata dalla solidarietà.
Il Risorgimento per Sestan termina con la Grande Guerra. L'ideale della sua generazione era stato quello della confluenza di tutte le genti aventi la stessa nazionalità in un'unità capace e libera di determinare il proprio destino . Malgrado folli sogni di grandigia avessero poi parzialmente distrutto ciò che quella stessa generazione aveva costruito con il sangue, Sestan non abiurò mai gli ideali risorgimentali, la cui estrema manifestazione era stata a suo avviso appunto l'entrata in guerra nel 1915. D'altra parte, però, da lui, da Chabod e da Croce veniva il richiamo a vedere le Nazioni come parte della più grande comunità europea e le singole Patrie risolventisi nella più grande Patria Europa (p. 120).
Sono tutti temi, evidentemente, di straordinaria attualità, che offrono ancora oggi molti spunti di discussione. Non possiamo, però, tralasciare almeno un accenno ai validi contributi portati nel Convegno da Giovanni Tabacco, che ha tracciato un esauriente profilo di Sestan medievista, ricordando che egli nacque medievista e rimase prevalentemente tale, nonostante l'ampia area dei suoi ulteriori interessi (p. 55) e Roberto Vivarelli. Mentre Tabacco ha diffusamente parlato degli studi di Sestan dedicati alle istituzioni comunali, alle città e alla tematica di Stato e nazione nel Medioevo, Vivarelli ha approfondito il problema dei rapporti personali, culturali e morali dello storico con Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe. Servendosi anche di documenti inediti conservati nell'archivio Sestan, Vivarelli ha fatto emergere sia il debito dello studioso nei confronti dei due maestri (del resto sempre esplicitamente riconosciuto dal diretto interessato), sia il suo distacco da entrambi di fronte all'urgere di nuove situazioni dopo la Seconda Guerra Mondiale.
FILIPPO RONCHI