Rassegna storica del Risorgimento
Epaminonda Farini. Domenico Farini. Epistolari. Secolo XIX
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1994
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Libri e periodici
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RAFFAELE FEOLA, Utopia e prassi. L'opera di Gaetano Filangieri ed il riformismo nelle Sicilie (Pubblicazioni dell'Università degli Studi di Salerno. Sezione studi giuridici, 9); Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1989, in 8, pp. 116. L. 12.000.
Lo scopo principale dello studio qui proposto dal Feola consiste nel tentativo di accreditare una lettura del pensiero del grande illuminista napoletano che sottolinei la sua attenzione nei riguardi delle concrete condizioni della società meridionale e il favore da lui mostrato verso atti di governo, fossero pure di portata limitata, che avessero ambito a modificare in senso moderno la compagine dello Stato e la struttura della società. Una lettura, dunque, che faccia giustizia di tutte le valutazioni storiografiche, fondate di norma sulla consolidata autorità del Croce, che hanno visto nella Scienza della legislazione una opera di alto respiro intellettuale e morale, nutrita di cultura giuridica e filosofica di prim'ordine ma proprio per questi motivi eccessivamente astratta e distante dalle esigenze storicamente determinate della società, viziata, cioè, dal peccato d'origine dei Lumi. Per il Feola, insomma, appare infondata quella linea interpretativa di matrice idealistica che collocava nella mera utopia l'opera filangeriana, la solitaria esercitazione di un teorico che non prevedeva alcuna possibilità di soluzione parziale ed intermedia (p. 21), mentre andrebbe ad essa restituita come, d'altro canto, a tutto il gruppo facente capo all'insegnamento genovesiano la pregnanza pragmatica che non scaturiva solo dalle intense letture e profonde meditazioni nel vasto arco europeo del dibattito filosofico, giuridico e politico dell'età dei Lumi , ma anche da una precisa conoscenza del sistema giuridico del Regno, delle sue storture, dei privilegi, delle contraddizioni (p. 9).
Tener conto delle condizioni generali di civiltà del paese e proporre al potere centrale il recupero del monopolio normativo e coattivo, su questioni delimitate ma riguardanti il benessere del maggior numero, per battere in breccia particolarsmi feudali, consuetudini e rivendicazioni curialistiche: era questo il nucleo centrale della Scienza della legislazione, in cui l'impulso alla riforma dell'economia e delle finanze statali, dell'istruzione e della religione stessa, discendeva dalla volontà razionalizzatrice ed equilibratrice del potere pubblico incardinato attorno ad un nucleo di funzionari altamente motivati sul piano etico-politico e solidamente competenti nelle scienze economiche e giuridiche.
Ma accanto all'iniziativa modernizzatrice dello Stato, Filangieri non trascurava l'importanza del consenso della opinione pubblica: il delicato anello di mediazione tra i due estremi della costruzione teorica astratta e della prassi quotidiana di governo (che sarebbe potuta sfociare nell'anodina gestione dell'esistente smarrendo ogni slancio innovatore), andava a collocarsi sia nel riconoscimento delle esigenze della società, sia nell'apprezzamento delle grandi novità che, in forme diverse, erano costituite dalle contemporanee esperienze di Inghilterra, Stati Uniti e Russia. Proprio in merito all'opera di governo di Caterina idealizzata, sulla scorta di altri illustri contemporanei, come prìncipe modello nutrito di spirito filosofico Filangieri ne esaltava l'attitudine a procedere sulla via delle riforme facendo appello al consenso della parte più avanzata della società civile e le contrapponeva l'autoritarismo brutale di Pietro il Grande,
li richiamo filangeriano al valore della prassi amministrativa, alla opportu-