Rassegna storica del Risorgimento

Epaminonda Farini. Domenico Farini. Epistolari. Secolo XIX
anno <1994>   pagina <49>
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Libri e periodici 49
francese e sulle sue storiche ripercussioni in Italia. Al contrario, Santato ha affrontato la sostanza stessa del problema esaminando il giacobinismo italiano con uno strumento, utilizzato in passato anche da De Felice su varie riviste,1' particolarmente idoneo a valutare a fondo la validità di un fenomeno storico: le forme di produzione culturale ad esso legate.
L'indagine di Santato spazia infatti dalla pubblicistica rivoluzionaria al giornalismo, dalla letteratura al teatro, dal pensiero politico-filosofico alla storio­grafia. Ne è uscita confermata l'opinione della storiografia italiana di questo dopoguerra nettamente contraria alla tesi, sostanzialmente antigiacobina, preva­lente fino al 1943. L'aveva formulata, sin dagli inizi del secolo scorso Vincenzo Cuoco, quando aveva giudicato il giacobinismo italiano un fenomeno avulso dalla concreta realtà nella quale intendeva operare, definendo così rivoluzione pas­siva quella tentata sotto l'impulso francese.
Soltanto a partire dal 1943, con le indagini sistematiche compiute da Delio Cantimori,2' ci si rese conto che i giacobini italiani furono in realtà i soli ad avere la consapevolezza che la rivoluzione italiana non potesse essere monopolio della sola borghesia ma dovesse investire tutte le classi, quelle popolari comprese. Sbagliò dunque Cuoco, secondo molti commentatori a giu­dicare astratta la via francese all'indipendenza, così come sbagliò nel con­trapporre all'universalismo giacobino la tradizione italiana e un riformismo gra­dualistico di derivazione vichiana, facile pretesto per l'affermazione delle forze moderate nel processo unitario.
È senza appello la sentenza emessa in questi cinquantanni nei confronti di Cuoco? Ha certamente visto più chiaro di lui G. Candeloro quando, qualche decennio fa, ha osservato che, proprio con i giacobini, la coscienza nazionale italiana, fino ad allora soltanto letteraria, è diventata attiva e rivoluzionaria.3' Ma la vicenda risorgimentale non si esaurisce con il giacobinismo. Il Risorgi­mento viene infatti da molti considerato come un tentativo di sintesi tra l'eredità della Rivoluzione francese e l'eredità della Restaurazione. Della prima accoglie l'idea di libertà e di rinnovamento radicale, dalla seconda riprende l'idea di un ripristino della tradizione italiana presente nell'espressione stessa Ri-sorgimento. In questo contesto, Cuoco andrebbe criticato per il suo giu­dizio sui giacobini italiani ma contemporaneamente apprezzato per il valore attribuito al fattore tradizione .
Più che discutere sulle varie interpretazioni risorgimentali, gioverà co­munque ricordare che le attuali critiche a Cuoco vanno in realtà oltre la sua stessa opera per investire la corrente culturale che lo ha successivamente valo­rizzato. La sfortuna attuale di Cuoco è, in altre parole, quella di essere anno­verato tra i personaggi che furono esaltati dall'idealismo italiano nel tentativo di elaborare un pensiero nazionale originale, in quanto fondato sulla tradizione speculativa che risale a Vico. Un tentativo questo che il modello ideologico
l> RENZO DE FELICE, // triennio giacobino in Mia (1796-1799), Roma, 1990.
2) D. CANTÌMORI, Utopisti e riformatori italiani 1794-1847. Ricerche Storiche, Firenze, 1943.
*) G. CANDELORO, Storia dell'Italia Moderna, I: Le origini del Risorgimento 1700-1815, Milano, 1956.