Rassegna storica del Risorgimento
Epaminonda Farini. Domenico Farini. Epistolari. Secolo XIX
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1994
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Libri e periodici
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bardo-Veneto durante il decennio di preparazione , Un aspetto centrale della dominazione asburgica in Italia, fra il 1849 ed il 1859, fu costituito dall'affermazione del cosiddetto partito militare . Erano stati, infatti, i militari a salvare l'Impero dal crollo nel turbine delle vicende rivoluzionarie. Il nuovo imperatore Francesco Giuseppe, d'altro canto, aveva una vocazione militaresca assai più pronunciata di quella dei suoi predecessori ed era, quindi, più disposto ad ascoltare i consigli provenienti dai militari. Così, per qualche anno, la politica del feldmaresciallo Radetzky venne appoggiata dal sovrano. Tuttavia le autorità civili asburgiche e la cricca reazionaria e filogesuitica dei nobili, che costituivano la corte di Francesco Giuseppe, non la condividevano per due motivi: la pessima fama che lo strano regime imperial-militare del Lombardo-Veneto cominciava ad avere in tutta Europa e la paura che la politica di Radetzky stesse portando ad un ribaltamento dei rapporti di classe, a tutto vantaggio dei ceti più umili (ricordiamo in proposito le accuse di comunismo lanciate contro Radetzky dai governi di Francia ed Inghilterra, oltre che dai liberali di tutta Italia). Ma il feldmaresciallo, sfruttando il fatto di essere uno dei più famosi ed amati capi militari dell'Impero, riuscì a resistere per lungo tempo ai tentativi di sostituirlo, promossi dai ministri, dagli alti funzionari e dai dignitari di corte. Egli passò il limite, però, nel 1853. In quell'anno, a Milano, si verificò un tentativo di insurrezione subito represso ad opera di gruppi mazziniani (la cosiddetta rivolta dei Barabba ). Radetzky, che già aveva suscitato scandalo imponendo multe e tasse fortissime ai nobili ed ai ricchi borghesi ribelli nel 1848, prese a pretesto il nuovo episodio per ordinare il sequestro dei beni dei liberali emigrati in Piemonte. Questa volta Radetzky aveva esagerato. Le proteste diplomatiche sollevate dal Regno di Sardegna furono largamente riprese dalla stampa estera e dettero origine ad una forte corrente antiaustriaca nell'opinione pubblica qualificata europea. L'Impero rischiava di restare totalmente isolato. Francesco Giuseppe approvò, a quel punto, un cambiamento di linea politica: dapprima a Radetzky venne affiancato un consigliere civile con l'incarico di impedire ulteriori iniziative del feldmaresciallo. All'inizio del 1857, infine, Radetzky era mandato in pensione. Nel frattempo il ministro degli Esteri austriaco, conte Buoi, annunciava la decisione di far cessare i sequestri. Intanto il potere militare veniva affidato al conte Gyulai, tecnicamente ben preparato ma privo di capacità di comando, mentre restavano emarginati tutti i generali più fedeli a Radetzky, come ad esempio Hess, Scho-nals, Benedek che avevano con lui strettamente collaborato, condividendone le scelte politiche. Erano uomini di origine plebea, di rude carattere ma di grandi capacita militari, che offendevano con i loro franchi atteggiamenti la vanità dei circoli aristocratici di Vienna e della corte. Si creavano, così, le premesse per i fatali disaccordi, a livello di comandi militari, che si sarebbero manifestati nel corso della guerra contro la Francia ed il Piemonte.
Tutti questi elementi erano stati notati, per la verità, già a quell'epoca, da due attenti osservatori, Marx ed Engels. Il primo, in una sua corrispondenza del 21 aprile 1853 sulla situazione italiana per il New York Daily Tribune, scriveva che, nel 1848-49, la borghesia in Italia aveva sacrificato la rivoluzione al suo dio, la Proprietà , ma che la controrivoluzione, con i provvedimenti presi da Radetzky, aveva ripudiato questo dio: Marx prevedeva, quindi, una rivoluzione generale della borghesia e dell'aristocrazia lombarde in seguito alle confische ed ai contributi straordinari e forzosi, nonostante la tardiva marcia indietro attuata da Vienna. Engels, sempre sul New York Daily Tribune, nel descrivere, in un articolo del 6 giugno 1859, le operazioni mili* tari della Seconda Guerra d'Indipendenza, sottolineava come i soldati asburgici