Rassegna storica del Risorgimento

Epaminonda Farini. Domenico Farini. Epistolari. Secolo XIX
anno <1994>   pagina <58>
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Libri pjrìoàìci
concetto delle élites di potete sia della Destra Èie della Sinistra l'Italia do­veva eguagliare; Je prestazioni e la posizione dei grandi Stati nazionali in Eu­ropa. Questo non era possibile senza un esercito forte. D'altra parte l'estremo stato di necessità finanziaria poneva stretti limiti ad ogni politica militare. Ricotti ebbe successo finché ifeiuscì a trovare un modus vivendi con il ministro delle Finanze Sella. Dovette ritirarsi quando, nel marzo 1876, la Destra cadde. Fino ad oggi, raramente la storia militare italiana è stata descritta così ampia­mente basandosi sulle fonti e considerando le sue implicazioni sociali. Ed a questa tesi di dottorato non si può che augurare anche una traduzione in italiano.
JENS PETERSEN
GIOVANNI ALTBERTX L'economia domestica italiana da Giolitti a De Gasperi, 1900-1960; Roma, 50 PIÙ Editore, 1992, in 8, pp. 163. L. 28.000.
Una storia dedicata all'economia domestica dell'Italia contemporanea, come questa trattata nell'opera in esame, presenta difficoltà oggettive, dovute al repe­rimento di documentazioni private, spesso assai sfuggenti o tenacemente celate. L'Autore si è avvalso di testimonianze-intervista e di carte di famiglia, ossia di quelle fonti povere che da tempo gli storici hanno imparato ad apprez­zare e ad utilizzare, come libri di conti familiari, inventari corredali, prontuari gastronomici, repertori merceologici. Ne è emerso un volto dell'Italia domestica, tradizionale e magari noto, ma sempre concretamente rappresentato.
L'economia domestica degli Italiani nel primo perìodo del secolo XX ri­specchia un ménage rigido e poco articolato per tipologia e qualità dei con­sumi. Nel quinquennio 1905-1909, l'alimentazione, l'abitazione e l'abbigliamento erano le principali voci di uscita, spesso le uniche, dei bilanci familiari, sia che riguardassero le spese di un misero zappatore sardo, sia quelle più cospi­cue di un mezzadro umbro o di un borghese meridionale. La spesa per il vitto, elevata nel bilancio della famiglia bracciantile sarda (61,14 per cento), era quasi uguale, in percentuale, a quella della famiglia borghese meridionale (61,93 per cento), ma inferiore alla quota relativa del mezzadro umbro. Il costo dell'abitazione copriva il 18,55 per cento della spesa del bracciante ed il 14,30 per cento di quella del borghese. Essa era nettamente inferiore, invece, per il mezzadro (appena il 6,69 per cento), poiché tale onere rientrava nella ripartizione delle passività tra concedente e conduttore, tipica del contratto mezzadrile. Viceversa, la percentuale delle spese di abbigliamento ammontava, rispettivamente, al 13,12 (bracciante), al 15,27 (mezzadro) ed al 17,71 per cento (borghese). L'incidenza nei tre bilanci era diversa, ma gli scarti percentuali non erano tali da configurare profonde differenze nella complessiva distribu­zione della spesa di ciascuna delle famiglie considerate. La diffusa austerità dell'epoca era dovuta, sostiene l'Autore, non solo ad un'economia domestica strutturata più su ineguali livelli di ristrettezza che su differenziate soglie di benessere, ma anche ad una dominante ideologica , tipica delle fasi di pre-decollo che spesso precedono o accompagnano l'industrializzazione, fondata sul primato etico-sociale della parsimonia e del risparmio. Agli inizi del secolo XX, infatti, il risparmio era una regola ferrea dei ménages domestici, imposta dalla penuria relativa della disponibilità di risorse. L'incertezza della vita fu­tura aveva consigliato alle classi medie di predisporre pensioni di vecchiaia, depositi bancari, contratti di assicurazione a favore dei familiari. La borghesia