Rassegna storica del Risorgimento

Storiografia. Filosofia. Secolo XVIII
anno <1994>   pagina <158>
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Arnaldo Salvestrini
per riprendere la direzione del governo. Egli asseriva di aver rifiutato e di voler sempre rifiutare, ma non per il motivo del divieto imperiale (peraltro di discutibile estensione alla Toscana), bensì riflettendo da quali io dovrei dipendere, ed a chi in ultima analisi dovrei render conto .
Era, dunque, all'evidenza, un atteggiamento poco prudente, anche a considerarlo dallo stesso punto di vista di chi lo sosteneva, perché com­portava, sì, una scoperta disistima non solo verso le brave truppe del popolaccio aretino e toscano (e questo poteva anche essere accettato a Vienna), ma anche (e questo invece era troppo anche per Pimperator Francesco) verso il proprio legittimo Sovrano e verso i legittimi organi di potere come il Senato fiorentino e i suoi triumviri o quadrum­viri.
Ma tutto questo, evidentemente, importava pochissimo al nostro Se-ratti, ormai situato su un'altra lunghezza d'onda, quella della Regina di Napoli Maria Carolina di Asburgo, alleata fedele del nipote Imperatore ed, ella sì, in grado di poter dire la sua anche sul Granduca, trattan­dosi di parenti. Era insomma sempre lo stesso discorso: quando si trat­tava degli affari di Famiglia, anche quando (ed era sempre) essi erano gli affari degli Stati, nessuno aveva il diritto di partecipare e tanto meno tentare di influirvi.
Ma l'ostinato Seratti continuava a scriver lettere, con regolare ca­denza mensile, al Colloredo, che, a sua volta, continuava a non rispondere.
Così, in un'altra lettera del 20 agosto 1799, alla quale allegava una copia del dispaccio inviatogli personalmente dal Granduca in data 19 luglio da Schoenbriinn e contenente la ormai famosa interdizione per lui e gli altri ministri toscani a recarsi, non solo in Austria, ma anche in Toscana (e nella quale aveva il modo di lamentarsi altamente per il disonore di un bando dalla mia stessa patria ) veniva a dichiarare: Il mio partito è preso. Dò l'ordine che mi si venda tutto quello che ho in quel Paese . Non riusciva però a tacere il danno che ciò avrebbe prodotto al suo interesse personale, e che anzi aveva già prodotto a causa degli anni di servizio al Real Padrone , per proseguire nel suo patetico mèlo: Vada ancor questo tra i tanti sacrifizj che ho fatti; tro­verò altrove un asilo per terminare la vita in pace lontano dalle perse­cuzioni. Nulla avranno più da temere da me né quelli che circondano il Granduca, non per amarlo, ma per pascere il loro proprio orgoglio, né tutti i loro adoratori . E qui segue un passo veramente oscuro, che riporto fedelmente, ma del quale preferisco parlare più oltre. Ed eccolo: Servirò di esempio da spaventare chiunque ardisse ancora di riconoscer Lui per proprio Sovrano, in preferenza di... Mi arresto, perché tutto il vero non può dirsi, ed è ormai inutile il dirlo .13)
Il Cavalier Priore toscano terminava questa sua nuova apertura
) SAW, loc. dt.