Rassegna storica del Risorgimento

Storiografia. Filosofia. Secolo XVIII
anno <1994>   pagina <163>
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Marc'Aurelio, l'imperatore filosofo 163
sione appellai nel renunziare agli inviti che mi furono fatti dal Senato Fioren­tino e dai Comandanti delle Truppe Toscane, come ne resi conto a V.A.R. allor quando mi proibì anco di tornare in Toscana se non mi se ne dava una espressa permissione.
Onde sarà per li altri Consiglieri, non per me, la continuazione delli asse­gnamenti, o sia della provvisione dei loro impieghi, la sospensione dall'attività, il riservo di valersene all'opportunità. A tutto io avevo già renunziato. Sono anzi ora nel dovere di partecipare a V.A.R. che, nella piena libertà in cui ero di poter disporre di me, al che ninna delle nostre leggi vi resiste, ed essendo stato sempre distinto dal Re, dalla Regina, da tutta questa Adorabile Famiglia, con i tratti della più speciale bontà nel soggiorno che ho dovuto qui fare, ho offerto il mio servizio a questo ottimo Re, il quale lo ha subbito accettato con molto gradimento e clemenza.
Non potrà certamente dispiacere a V.A.R. che, mentre ero già da gran tempo inutile al servizio della R.A.V. ed ora lo ero totalmente, mi sia dato a quello di un Sovrano tanto unito per i vincoli di amicizia e di sangue alla di Lei Augustissima Casa.
Col più umile e profondo rispetto, mi protesto, ecc. ecc.
Questa lettera, acclusa in copia nel plico di cui ho già parlato (e che fu anche l'ultima di questa serie della corrispondenza dell'ex-suddito toscano) è importante per molti aspetti, ma soprattutto mi sembra che lo sia per uno in particolare, che è questo: dunque il Cavalier Priore Seratti dichiarava che nessuna delle nostre leggi resiste alla libertà che un'ex-primo Ministro, nominato dal proprio Sovrano, poteva pren­dersi di salutare la bella compagnia e passare al servizio di un altro Sovrano, così come nulla fosse, dando semplicemente comunicazione come da sovrano a sovrano di abbandonare il servizio, di disattendere agli ordini e, insomma, di comportarsi in modo inammissibile per qua­lunque onesto suddito di un Regno assoluto e per qualunque buon con­servatore.
E allora, cosa fu? Un altro miracolo della Rivoluzione francese, dopo quello, così carico di effetti, della Madonna del Conforto nella Cat­tedrale di Arezzo? O, molto più semplicemente, il Seratti si sentiva or­mai al sicuro, con le spalle coperte dalla invadentissima Regina asburgica di Napoli e quindi pensava di potere permettersi anche questi comporta­menti (osservare il tono sbrigativo e privo dell'usuale venerazione servile) da angelo ribelle ? Oppure, ancora, c'era qualcosa (o molto) di più, per esempio la spinta, e l'oro!, inglese?
Sarebbe impossibile, certo, dare risposte sicure a queste domande, ma sicuramente quella <c devianza dell'ex-Capo del Governo toscano e quella sua quasi arrogante sicurezza non potevano derivare dal solo odio e dalla sola vecchia rivalità col Manfredini, e mettiamoci pure anche se molto difficile quella col Corsini e col Fossombroni: questo non basterebbe mai a spiegare simili comportamenti. Il gelido silenzio mante­nuto da Vienna è eloquente quanto una esplicita condanna. Il Gabinetto imperiale non avrebbe mai potuto tollerare che un semplice suddito pò-