Rassegna storica del Risorgimento
Storiografia. Filosofia. Secolo XVIII
anno
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1994
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pagina
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165
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Marc'Aurelio, l'imperatore filosofo 165
mente l'Austria, dal suo stesso territorio, a condurre con la massima energia la guerra contro la Francia. Evidentemente, negli animi inglesi, era sempre vivo il timore di venir lasciati soli a combattere la guerra decisiva per il futuro predominio sull'Europa. Infatti, la Spagna aveva già abbandonato la partita, Genova e Torino pure, la Prussia dava qualche segno di esitazione, risucchiata come era nelle vicende della risistemazione degli Stati tedeschi dell'Impero, la Russia non sembrava del tutto affidabile, specialmente da quando erano venute alla luce le mire dello zar Paolo su Malta.145 Dunque bisognava stringere da vicino il cuore dell'Impero Romano-Germanico, vale a dire l'Austria. Bisognava mettergli in casa qualche mastino che facesse buona guardia contro gli inevitabili, intrighi dei cortigiani dentro la Corte di Vienna. E chi, dunque, meglio di un Francesco Seratti sarebbe stato idoneo a quel compito, specialmente ora che sembrava ben compreso dello spirito arrogante e aggressivo proprio degli Inglesi?
E allora, se tutto questo è vero, come io credo che lo sia, e come del resto mi pare di aver dimostrato, credo proprio che qualche capitolo della storia dell'Italia, e in particolare della Toscana e di Napoli, debba essere riscritto.15 Ma, a proposito della Toscana, c'è ora da segnalare un episodio che mi pare ancora misterioso e che riguarda proprio il Maggiordomo Maggiore della Corte granducale, il marchese Federigo Manfre-dini. Ecco qua un breve ma illuminante carteggio intercorso fra maggio e giugno del 1799 fra costui e il senatore Luigi Bartolini, che faceva parte del piccolo seguito del Granduca a Vienna. Ma la cosa più interessante, e anzi direi sorprendente, è che la (unica) lettera del Manfredini è scritta da bordo di una nave arrivata da Palermo nella rada di... Trieste! Non il Seratti dunque era riuscito a raggiungere il porto austriaco,
w' Cr. le notizie in proposito riportate in un carteggio fra la Corte di Firenze e i commissari francesi, in merito ai beni dell'Ordine di Malta posseduti in Toscana e oggetto di un tentativo di alienazione da parte del Direttorio esecutivo francese nel 1799, in SUAP, loc. cit.
*9 Di questa nuova storia della Toscana potrebbero far parte (magari soltanto come curiosità) alcune ghiotte (e del tutto inedite) notìzie intorno alla brutta e misteriosa morte del povero Seratti. Egli a quanto sd rileva da un carteggio intercorso tra il Gabinetto granducale a Vienna e il banchiere fiorentino di fiducia di quella Corte, Angiolo Mezzeri fu sorpreso in mezzo al Mediterraneo, verso la metà del 1813, da gruppi di pirati tunisini e fatto schiavo dal Bey di Tunisi. Uno dei suoi camerieri (anche essi predati ), certo Santi Finocchi, fu dai predatori rilasciato affinché trattasse le condizioni del riscatto. Il Bey teneva già in suo possesso, oltre alle persone catturate, anche tutti gli averi del Seratti, che pare ammontassero a più di 40.000 zecchini, fra danaro, oro, gioielli, vestiti, scarpe, libri e varie stampe. Lo schiavo Seratti implorava allora U suo Sovrano che aveva a suo tempo rinnegato perché facesse qualcosa per la propria liberazione, cioè che mettesse mano a tasca. Ma, naturalmente, non successe niente, e il povero schiavo mori il 1 febbraio 1814, prima di avere avuto la soddisfazione di vedere crollare l'Impero di Napoleone.