Rassegna storica del Risorgimento
Umberto Corsini. Commemorazioni. Comitato Trentino per la Stori
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1994
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268
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268 Libri e periodici
ripensare al ruolo e all'azione di una personalità di spicco della cultura risorgimentale, non altrettanto convincente appare l'impostazione complessiva data dall'autore al suo lavoro. In questo senso, non è un caso che manchi una ricostruzione del quadro storico in cui si sviluppano il pensiero e l'opera di De Sanctis, anch'essi come quelli di tutti gli altri hegeliani meridionali espressione di uno schema ideologico che ebbe un'influenza rilevante nella formazione del ceto politico incaricato di gestire il nuovo Stato unitario e le istituzioni die ne rispecchiavano l'autonomia. Tale schema ideologico costituì, infatti, attraverso una fondazione laica e razionale, un'alternativa di cultura e di costume rispetto alla tradizione cattolica, pilastro dell'Antico Regime in Italia.
Sena, invece, sembra voler contrapporre l'hegelismo meridionale a tutta la filosofia successiva, quasi esso costituisse un punto di arrivo insuperabile. Indicativo, allora, appare il modo in cui Sena liquida in nota la cosiddetta filosofia del Novecento , che è, a suo parere, soltanto irrazionalismo, con i suoi fremiti vitalistici, la sua cupidigia di eteronomia e di destino, la sua barbarie di antistoria e di anticultura . Si tratterebbe, secondo Sena, proprio di una cattiva lezione di disumanità , poiché i rigurgiti presuntuosi di ozioso e fatiscente accademismo, resi a volte patetici da venature paranoiche avrebbero ridotto la filosofia del nostro tempo ad ancella e vassalli, di cupe ideologie di violenza o di vuote esercitazioni ludico-retoriche (p. 31). Ma importante sarebbe stato capire, allora, perché l'hegelismo in Italia entrò in crisi. Certo, l'argomento avrebbe richiesto un ulteriore ed impegnativo approfondimento; tuttavia dalle problematiche filosofiche ancor oggi aperte non si esce negandone la legittimità e tentando di riproporre esperienze ormai concluse.
FILIPPO RONCHI
ROBERTO ROMANO, L'industria cotoniera lombarda dall'Unità al 1914; Milano, Banca Commerciale Italiana, 1992, in 8, pp. 552. S.p.
L'economia e la società lombarde conseguirono considerevoli vantaggi dallo sviluppo dell'industria cotoniera. Industriali protetti ed assistiti , i cotonieri dovettero affrontare una serie di problemi, per la cui soluzione l'aiuto dello Stato fu solo parziale. Il loro successo, fino al 1907, ebbe notevoli effetti sull'ambiente socio-economico del tempo, provando nei fatti la convenienza e l'utilità dell'attività industriale. Nello stesso tempo, i lavoratori che si raccoglievano nei cotonifici davano vita ad una nuova figura sociale, l'operaio di fabbrica, che dai più, contadini e borghesi, era guardata con sospetto e timore. L'attività cotoniera generò cospicui flussi di denaro, favorì un processo di accumulazione da parte della borghesia lombarda, originò o consolidò ragguardevoli fortune familiari, fornì un reddito non disprezzabile ad investitori grandi e piccoli.
Nello studio in esame, che copre un periodo di oltre settantanni, l'Autore servendosi di accurate rilevazioni statistiche, evidenzia i diversi stadi di sviluppo del cotonificio lombardo, a partire dagli ultimi anni della dominazione austriaca, quando esistevano in Lombardia poco più di 123.000 fusi, suddivisi in 33 stabilimenti. Erano certamente pochi rispetto alle decine di milioni di fusi già funzionanti in Inghilterra, ma rappresentavano comunque uno dei rari nuclei di industrializzazione dell'Italia preunitaria. Di importanza irrisoria, dal