Rassegna storica del Risorgimento

Umberto Corsini. Commemorazioni. Comitato Trentino per la Stori
anno <1994>   pagina <269>
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Libri e periodici 269
punto di vista del sistema di fabbrica, era, invece, la tessitura, che su un totale di 17.014 telai, in gran parte a domicilio, ne contava appena 207 mec­canici. Il Romano evidenzia il rapporto fabbrica-campagne, tracciando, per la Lombardia austriaca, un quadro tipologico e topologico dell'industria cotoniera a tre componenti: la tendenza al decentramento nelle campagne, l'utilizzazione di forza-lavoro di origine rurale e le basse retribuzioni. La localizzazione della filatura meccanica privilegiava, infatti, il territorio collinare e l'alta pianura a nord di Milano, a causa del buon mercato della manodopera e della presenza di forza motrice idraulica.
Nel periodo di governo della Destra storica, l'industria cotoniera conobbe un non trascurabile progresso, nonostante la politica economica liberista non favorevole al settore e fieramente osteggiata dagli imprenditori. A livello nazio­nale, l'aumento dai 480.000 fusi del 1862 ai 764.000 del 1876, era indice di una capacità di espansione autonoma dal regime doganale. In questa crescita la Lombardia, che tra il 1854 ed il 1876 vide quasi raddoppiare i suoi fusi ed aumentare di diciassette volte i telai meccanici, ebbe parte precipua. I succes­sivi provvedimenti protezionistici del 1878 e del 1887 incisero, perciò, non su un settore in decadenza o in ripiegamento, bensì su una realtà industriale do­tata di una sua dinamica vitalità. Negli anni della cosiddetta grande depres­sione internazionale, infatti, il cotonificio lombardo, e più in generale italiano, non solo non conobbe arretramenti ma accrebbe considerevolmente la sua base produttiva, sia pure con qualche modifica della distribuzione degli impianti fra le varie province.
Agli inizi del 1900 gli impianti lombardi conobbero percentuali di incre­mento considerevoli, specialmente nella ritorcitura, un ramo produttivo il cui sviluppo si accompagnava ad un miglioramento qualitativo dei manufatti. Ma fu soprattutto sul piano quantitativo che la Lombardia consolidò il suo pri­mato nazionale, passando, fra il 1896 ed il 1900, dal 35 al 45 per cento dei fusi e dal 52 a più del 58 per cento dei telai meccanici, mentre la seconda regione cotoniera italiana, il Piemonte, rimaneva notevolmente distanziata. Tale ritmo di accrescimento provava che, pur non essendo il cotonificio tra i settori nuovi e trainanti dell'età giolittiana, possedeva grandi capacità di espansione.
Quando, però, l'Autore passa dall'esame dell'evoluzione quantitativa del macchinario allo studio dei risultati produttivi e di bilancio, emergono le con­traddizioni insite nella stessa crescita del potenziale produttivo e l'alterno anda­mento delle condizioni di salute dell'industria cotoniera, settore molto più fragile e delicato di quanto appaia ad una semplice lettura delle statistiche sul numero delle macchine (p. 49),
In tutti i comparti della lavorazione cotoniera, i primi anni del Novecento furono caratterizzati dall'incessante e crescente produzione di merci, sia a livello di settore sia nelle singole unità aziendali. La produzione complessiva giorna­liera di alcune aziende lombarde nel candeggio e nella tintoria di filati e di tessuti aumentò grazie al forte impulso proveniente dallo sviluppo tecnologico. Notevole fu, inoltre, dall'Unità alla prima guerra mondiale, il grosso sforzo di perfezionamento qualitativo realizzato in tutte le fasi della lavorazione. L'innal­zamento della qualità dei filati era provato, oltre che dal più esteso impiego di materia pregiata, dalla presenza di filati pettinati, per maglie, di filati trat­tati in modo speciale, nonché dalla diffusione, nel Monzese e nel Vogherese, di aziende produttrici di filati di vigogna. Infine, la filatura dei cascami o, in genere, la loro lavorazione per ottenere ovatte, cotone idrofilo, ecc., non solo presero piede nel normali stabilimenti di filatura, ma diedero vita ad un nu­trito gruppo di imprese specializzate. Per la tessitura non si ebbe alcuna svolta decisiva sul piano merceologico. La qualità del prodotto continuò a rimanere a