Rassegna storica del Risorgimento

Commemorazioni. Matteo Fantasia
anno <1994>   pagina <530>
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Libri e periodici
Vengono fuori così gli episodi centrali del volume, esaminati in apposite e specifiche monografie, la colonizzazione 1743 e seguenti a Badessa e Piano di Coccia nell'agro già farnesiano di Pianella a nord del Pescara ad opera di famiglie albanesi (che erano immigrate un po' più a nord, à Silvi e villa Bozza, già tre secoli prima, ai tempi di Scanderbeg, e la circostanza non an­drebbe trascurata, così come si dovrebbe fare un po' d'ordine quanto all'in­tervento di Genovesi del 1767, che è di dieci anni posteriore alla traduzione del Cary, e non contemporaneo, come sembra ritenere l'A.) e la colonia di S. Leucio più propriamente genovesiana nella prospettiva di lotta all'ozio, di recupero di certi strati sociali, di ruolo propulsore del potere centrale, che nella circostanza s'identificava direttamente col sovrano e con la reggia di Caserta.
L'A. ha buon gioco nel documentare le resistenze locali, la guerra tra poveri, sostanzialmente, che fanno fallire, o comunque ridimensionano pesan­temente il tentativo abruzzese, senza che qui il marchese Castiglione adempia alle funzioni mediatrici e di filtro con lo stesso moderato successo che il Del­fico incontrava ad Atri, ed ancor più nell'illustrare a vivi colori ed a forti tinte l'atmosfera coattiva, il clientelismo volgare, l'esilità produttiva, che carat­terizzano sia S. Leucio che i suoi subalterni ed ancor più disgregati -partners cittadini napoletani, il Carminello al Mercato e l'Albergo dei Poveri.
Resta da verificare scrive ad un certo punto l'A. se l'abbatti­mento del mondo che abbiamo perduto alla fine funzionasse realmente come volano in una società debole come quella napoletana ed abruzzese in particolare : è la storia del se, lungo la quale non si fanno molti passi avanti, specialmente se, come l'A., si sommano ai problemi autentici quelli artificiosi, ad esempio la mancata intesa fra la monarchia e le masse dell'insorgenza sanfedista, de­rivante più che vistosamente dal carattere anarchico che quest'ultima non tardò ad assumere, e che sembrò più che ragionevolmente ai ben pensanti, a tutti i ben pensanti, infinitamente più pericoloso delle utopie giacobine stroncate a Mercato.
H miglior governo è quello che governa bene, ricorda ad un certo punto l'A., citando Ksher ed il suo vecchio liberalismo scuola di equilibrio e buon senso : ma che significa governare bene? Per i liberali la risposta era sem­plice, governare loro, con la ragione più o meno idéologue, con la libertà più o meno con l'iniziale maiuscola. ì cosi anche per l'A.?
RAFFAELE COLAPIETRA
MARIA ANTONIETTA MACCIÓCCHI, Cara Eleonora; Milano, Rizzoli, 1993, in 8, pp. 406. L. 32.000.
In una recente intervista, ad una domanda sulla impossibilità da parte di Eleonora Pimentel Fonseca di conciliare la dimensione intellettuale-poetica e quella di sposa-madre felice, Maria Antonietta Macciócchi, dopo aver fatto riferimento al genio della donna della Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, afferma con chiarezza: Nella cultura laicista retoricamente libertaria non c*è alcuna ascendenza femminile, matrilineare . Per la scrittrice bisogna cer­care, nelle migliaia di personalità femminili geniali e più o meno zittite dalla storia maschilista, il nostro specifico pbìlum culturale: da far interagire poi con