Rassegna storica del Risorgimento

Commemorazioni. Matteo Fantasia
anno <1994>   pagina <531>
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Libri e periodici 531
l'equivalente maschile, nella logica della reciprocità e per un migliore futuro, da costruire insieme . In contrapposizione rafforzativa cita le sante , che nella storia affiorano e restano, perché c'è la Chiesa a salvarle dall'oblio .
A parte queste tensioni femministe, che non si possono condividere oltre tutto perché di donne genio nella storia dell'umanità c'è presenza abbon­dante, mi pare che il discorso offra una delle chiavi di lettura accettabile del libro Cara Eleonora, pubblicato da Rizzoli nella fortunata serie dei volumi di buona divulgazione storica. In sopracoperta v'è un sottotitolo di richiamo, il quale tra l'altro dà idea dei contenuti del sostanzioso saggio: Passione e morte della Fonseca Pimentel nella rivoluzione napoletana. Il testo si pre­senta come un romanzo, e come tale si legge d'un fiato, tanto la vicenda è narrata con immediatezza e partecipazione; se non avessimo verificato in molti passaggi il rigore storico della ricerca, pur consumata in archivi e biblioteche, dove si è scavato con pazienza e stile monacale , avremmo subito la tenta­zione di dar preminenza alla fantasia della scrittrice.
Eleonora de Fonséca Pimentèl nasce a Roma nel 1752, è di origine porto­ghese; studiosa di economia e di diritto, svolge un ruolo di primo piano nella vita politica partenopea, partecipando attivamente ai movimenti di rinnovamento che hanno derivazione dalle idee rivoluzionarie francesi. Arrestata e liberata, diventa redattrice infaticabile del Monitore napoletano', faconda oratrice, poe­tessa, pubblicista apprezzata, si pone al centro della rivoluzione di Napoli e, per questo, messa di nuovo in prigione dai reazionari che hanno la meglio con il ritorno di Ferdinando IV di Borbone, viene processata e condannata a morte.
Il testo si distende in quarantuno capitoli e in due paginette di ringrazia­menti, dalle quali si desumono notizie degli archivi frequentati; non esistono riferimenti dettagliati a fonti storiche, né apparato critico, né note bibliografiche. Si tratta di un racconto vero e proprio, fondato però sulla verità di una vi­cenda umana intensa, tenuta nell'anima per anni ed anni e poi approfondita con passione sempre crescente. L'introduzione del libro è autobiografica e co­stituisce per la Macciocchi al tempo stesso uno sfogo personale e una spie­gazione al lettore; in fondo, chi conosce la scrittrice e i suoi trascorsi anche politici si rende conto della forza interiore che sorregge l'impalcatura del sag­gio, che è certamente storico, ma è pure apologetico di un mondo di due secoli fa, rivissuto nella sua prorompenza di attualità da un'intellettuale di sinistra dei giorni d'oggi. Avrebbe potuto benissimo l'autrice perdere del tempo e usare un po' più di pazienza per compilare bibliografia e annotazioni di critica storica e storiografica; sarebbe stato utile per gli studiosi e i nuovi ricercatori. Non l'ha fatto forse anche perché il programma editoriale non lo richiedeva, ma secondo noi di più per essere libera di dar espressione più viva alle urgenze interiori, andando avanti nell'indagine sempre più forti.
Si rinvigorisce l'aspetto autobiografico personale alla fine del primo capitolo, quando l'eredità di Eleonora, la cassa di pioppo con poveri stracci, diventa per la scrittrice una sorta di chiave musicale, di variazione armonica che mi ha surdeterminata, come si dice con un termine filosofico, attraverso il rac­conto della vita di una donna e di un tempo rivoluzionario nobilissimi. E qui acconcio si riversa l'empito moralistico, quasi a surdeterminare un'in­versione di tendenza nella vita spirituale della Macciocchi, che dai fatti della rivoluzione napoletana si riporta alla piena attualità dei giorni nostri, quando viviamo in un'epoca volgare, di devastazione morale e di rovine, di barba­rica e tribale adorazione dell'oro, dove la robba è tutto, e il valore dell'animo è nullo . Questa trammistione tra l'i eri e l'oggi è la spinta che l'autrice ri-