Rassegna storica del Risorgimento
Commemorazioni. Matteo Fantasia
anno
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1994
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pagina
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533
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Libri e periodici 533
ROMANO PAOLO COPPINI, Il Granducato di Toscana. Dagli anni francesi all'Unità (Storia d'Italia, voi, XIII, t. Ili); Torino, UTET, 1993, in 8, pp. 477. L. 85.000.
In questa impegnativa sintesi, Coppini ha dedicato ampio spazio a problemi appena sfiorati dalla storiografia tradizionale e che solo negli ultimi anni si è cominciato a considerare con maggior attenzione. Una parte essenziale del lavoro è stata svolta dall'autore utilizzando fonti archivistiche inedite, soprattutto francesi per il periodo napoleonico, ed una documentazione quasi sconosciuta come quella degli archivi delle Camere di Commercio di Livorno e di Firenze. La consultazione delle carte private di alcuni protagonisti (Archivi Corsini, Guicciardini, Ridolfi, Ginori, Niccolini, Ricasoli e Sonnino) ha infine permesso di correggere una riduttiva interpretazione di talune vicende, prodotta da una rigida lettura filologica della sola documentazione ufficiale.
Tenendo sempre presente la sterminata bibliografia esistente sulla Toscana nell'Ottocento, ma rinunciando all'agiografia ed alla mitologia risorgimentiste, Romano Paolo Coppini individua, dunque, tre momenti fondamentali della storia regionale che va dai primi anni del XLX secolo all'Unità: l'eliminazione del debito pubblico ad opera delle autorità napoleoniche; la difesa della politica economica liberista da parte dei proprietari terrieri; il tentativo di riforma della mezzadria attuato dai più consapevovli esponenti del ceto dirigente locale.
Fa da sfondo a queste vicende un diffuso malcontento popolare risalente già all'epoca delle riforme di Pietro Leopoldo. La frattura fra le classi proprietarie e le classi subalterne si era consumata in Toscana, infatti, sin dal 1799 con il movimento del Viva Maria, preceduto dalle sommosse del 1790 e del 1795, espressione della resistenza delle masse impoverite dai processi di modernizzazione e della difesa dell'Antico Regime rappresentato dal vecchio paternalismo mediceo. Tale contrapposizione si sarebbe prolungata nel periodo preunitario e nazionale.
Coppini rileva, in proposito, come gli attentati contro le milizie napoleoniche da parte dei briganti e rivoluzionari proseguissero ancora agli inizi dell'Ottocento (p. 6). Altri sintomi significativi dell'atteggiamento delle classi subalterne toscane di fronte alle riforme furono l'aumento dei malviventi, degli emarginati e dei corrotti in generale (p. 25); le grandi manifestazioni di pietà popolare in occasione del passaggio attraverso la Toscana di Pio VII (p. 42); il brigantaggio nelle Maremme da parte dei molti che rifiutavano la coscrizione richiesta per le guerre imperiali (p. 102).
Nonostante tutto ciò, nel 1808 il conte Dauchy, intendente del Tesoro pubblico in Toscana, rilevava con soddisfazione che la modernizzazione dell'apparato economico e sociale toscano si presentava facilissima in quanto il governo di Pietro Leopoldo aveva già operato le trasformazioni decisive: erano stati aboliti quei provvedimenti (calmieri, magazzini di deposito) con cui il governo mediceo si era preoccupato di assicurare la facile sussistenza alla popolazione cittadina; era stata lasciata mano libera alle speculazioni sui prezzi delle derrate ad opera dei grandi proprietari terrieri, i veri beneficiari delle riforme; era stato inflitto il colpo di grazia al sistema delle Arti, che aveva consentito fino ad allora ai lavoratori una maggiore forza nei confronti degli imprenditori.
Sotto la dominazione napoleonica, le difficoltà per le classi subalterne non fecero che acuirsi. Nei primi anni dell'Ottocento, la Toscana esportava ormai quasi soltanto vino, olio, lana e seta greggia e le tariffe francesi finirono col penalizzare proprio questi prodotti. La cessazione dei buoni rapporti con l'Impero asburgico, uno dei principali sbocchi dell'economia granducale, rendeva ancor più gravi per la popolazione le difficoltà economiche esasperate da ricorrenti