Rassegna storica del Risorgimento

Commemorazioni. Matteo Fantasia
anno <1994>   pagina <535>
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Libri e periodici 535
Il periodo che va dal 1815 al 1833 segna l'idillio fra la classe dirigente regionale e la dinastia restaurata degli Asburgo-Lorena. I grandi proprietari terrieri toscani elaborano e parzialmente riescono ad attuare, durante quegli anni, un progetto politico, economico e sociale che, pur rientrando nella sostanza entro gli schemi del liberalismo, presenta al tempo stesso una sua originale fi­sionomia. Sulle colonne agl'Antologia si delinea un programma che trova i suoi capisaldi nella tutela della proprietà fondiaria, nella difesa della legislazione liberista e giurisdizionalista, nel mantenimento della mezzadria seppur adeguata all'evoluzione dei tempi, nell'antistatalismo. Tutto avrebbe dovuto essere la­sciato nelle mani dell'iniziativa privata: interventi nel campo delle bonifiche, sfruttamento delle risorse minerarie, istruzione, assistenza, costruzioni ferroviarie.
Coppini nota, in pagine dense di spunti di discussione, la lucidità po­litica, l'organicità economica e la coerenza morale del pensiero dei proprietari terrieri toscani. Il loro obiettivo era quello di creare un modello finalizzato alla conservazione dei delicati equilibri sociali costruiti sulla mezzadria, nell'ambito del quale essi avevano già definito e collocato la posizione del granduca, che sarebbe stato in tal senso un elemento di stabilità e continuità indispensa­bili (p. 254). L'altro obiettivo era quello di convincere la popolazione su­balterna dell'interesse che avrebbe avuto a seguire le disposizioni ed a fidarsi dei * buoni padroni ", nell'ambito di un perpetuo rapporto societario (p. 245). La stabilità degli equilibri sociali garantita da questa forma di conduzione della terra tipica dell'Antico Regime andava integrata, infatti, con un'operazione di perfezionamento delle tecniche agricole. Ciò avrebbe inevitabilmente comportato un maggior coinvolgimento ed impegno lavorativo dei contadini per aumentare la produttività dei terreni, nell'ambito della tradizionale convivenza patriarcale. Lo sviluppo della ricchezza complessiva del Paese così ottenuta avrebbe signifi­cato neU'ottimistica visione dei liberali il miglioramento del tenore di vita dell'intera popolazione.
Il nodo di più difficile interpretazione storiografica è capire, allora, perché attraverso una serie di sussulti via via più violenti (1831-33, 1848-49, 1859) si giunge allo sbocco unitario.
Coppini nega l'esistenza di un progetto asburgico contrapposto a quello dei liberali toscani. A noi è sembrato di poter desumere, invece, proprio da una serie di dati importanti forniti dall'autore, che si arrivò allo scontro frontale nel momento in cui cominciò ad emergere, certo confusamente, contraddittoriamente ed in maniera molto parziale, una tendenza populista degli ambienti granducali sempre più legati, con Leopoldo II, alla corte di Vienna. Tale tendenza si con­cretizzava, di fatto, nel tentativo di arrivare ad una presenza dello Stato nell'eco­nomia e nella società. Non a caso i primi screzi tra il granduca e i liberali si verificano quando vengono attuate dal governo iniziative quali la creazione del Corpo degù ingegneri, i lavori di bonificazione di vaste zone paludose della pianura senese e grossetana, li compimento della catastazione della terra. Questo movimento nota del resto lo stesso Coppini provocava una notevole sottrazione di possibili settori di investimento per i capitali dei ceti economi­camente dominanti (p. 249), che inoltre avvertivano i primi sensibili disagi a causa del drenaggio fiscale legato alla ridefinizione catastale, del progressivo riferimento alle autorità centrali di un crescente numero di funzionari non legati ai proprietari terrieri (il Corpo degli ingegneri), dell'enorme impegno finanziario dello Stato negli interventi bonificatori. Erano, queste, per i liberali, altrettante minacce alla posizione di assoluto predominio che fino ad allora essi avevano detenuto. Per la classe dirigente toscana era impossibile accettare anche solo l'idea di lasciare nelle mani del sovrano e dello Stato politiche economiche e sociali di qualche rilievo. Essa aveva trovato una giustificazione dell'estro­missione statale in una copertura ideologica liberista (p. 302).