Rassegna storica del Risorgimento
Commemorazioni. Matteo Fantasia
anno
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1994
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pagina
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546
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546 Libri e periodici
teriale documentario, riuscendo comunque ad ottenere un egregio risultato che, oltrepassando l'obiettivo iniziale lo studio della storia della Lega delle Cooperative ha permesso loro di offrire un significativo contributo alla storia del movimento cooperativo sardo nella sua globalità.
Dalla lettura del volume che per l'indubbio interesse dell'argomento affrontato e per la scorrevolezza dei cinque contributi e della introduzione di Sotgiu si offre ad un pubblico ben più vasto di quello degli addetti ai lavori emerge sin dalle prime battute un dato di fatto certo: tempi di nascita, modalità e motivazioni dell'affermarsi del movimento di cooperazione in Sardegna non differiscono molto da quelle del resto del Regno sabaudo: primi anni della seconda metà del XIX secolo (Sassari: 1851, Cagliari: 1855). Inoltre, la nascita delle prime società operaie di mutuo soccorso, composte per lo più da ardgiani, è in qualche modo una reazione al vecchio regime assoluto, ma anche un tentativo di partecipazione da parte di soggetti sociali subalterni alle istituzioni liberali, introdotte nell'isola nel 1847, con l'estensione dello Statuto albertino alla Sardegna.
Altro dato evidente è che modesto se non addirittura nullo fu l'apporto dato dal movimento mutualistico al processo di trasformazione della società isolana, così come alla crescita del sistema economico. Il discorso muta se si fa riferimento alla battaglia politica allora in atto tra forze democratiche e forze moderate. In questo contesto, ampio rilievo ebbero gli ideali di solidarietà, propri della cooperazione, che si propagarono con il diffondersi del pensiero mazziniano prima (forte fu rinfluenza del credo dell'esule genovese sulle società operaie) e di quello socialista poi.
Sul piano economico e su quello sociale, i due decenni che seguirono l'unificazione furono molto difficili per la Sardegna: lenta e tardiva fu la formazione di una proprietà terriera, mentre sia pure limitatamente al bacino minerario del Sulcis-Iglesiente si andò sviluppando una classe operaia. In questi difficili frangenti, il movimento mutualistico conservò quel carattere difensivo che lo aveva contraddistinto sin dalla nascita, facendone uno strumento che consentiva di alleviare in qualche modo le difficoltà derivanti dalla particolare condizione di miseria all'interno della società (p. 17). È in questo contesto che va analizzata la nascita e la rapida diffusione delle cooperative di consumo proprie dei centri urbani e quella delle mutue di bestiame, caratteristiche di quelle vaste zone dell'isola maggiormente colpite dalla piaga dell'abigeato. E solo a cavallo tra i due secoli che muta lo scenario, ed il movimento cooperativo inizia a perdere la sua natura esclusivamente difensiva per assumere quella più incisiva di movimento di emancipazione. Tutto ciò per un insieme di fattori, tuttaltro che peculiari della Sardegna: la fine della lunga crisi agraria, il decollo dell'economia, la progressiva affermazione di nuovi soggetti sociali, la modifica del blocco di potere che aveva sino ad allora governato il paese.
Due le figure allora emergenti, diverse tra loro, ma accomunate dalla volontà di migliorare le condizioni economiche e sociali dei loro conterranei: Giuseppe Cavallera e Francesco Cocco Ortu. Con Cavallera, socialista schierato su posizioni riformiste vicine a quelle di Turati, il movimento operaio sardo riuscì ad esprimere in positivo per la prima volta le proprie esigenze. A lui si deve la nascita delle prime leghe di resistenza e di nuove cooperative nei bacini minerari, e fu sempre sotto il suo impulso che ebbe inizio la lotta per la conquista delle amministrazioni civiche. A differenza di Cavallera, che esprimeva le esigenze della classe operaia, Cocco Ortu si batteva per l'affermazione dei ceti medi agrari. Le cooperative per il credito agrario differivano molto da quelle socialisteggianti promosse da Cavallera; mancava la matrice ideologica e l'obiettivo primario era quello di consentire a strati sociali esclusi dal processo di sviluppo in atto nel paese, di potervi prendere parte.