Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Gioacchino Rossini. Storiografia. Secolo XIX
anno <1995>   pagina <48>
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48 Marco Salvarani
zionari e reazionari non conduce a conclusioni rilevanti (fatto salvo l'obiettivo di spurgare la biografia rossiniana dei falsi che l'hanno inqui­nata). Appare inoltre semplicistico appianare la questione riconoscendo a Rossini qualche giovanile ardore rivoluzionario conseguenza o meno di suggestioni paterne, raffreddatosi al vento della Restaurazione; o accet­tando l'idea che egli, pur non sposando l'ideologia del Congresso di Vienna, finì per adattarvisi senza difficoltà, mantenendo una sentimentale ed astratta adesione alla causa del Risorgimento italiano.
Una ulteriore difficoltà nasce quando i processi a Rossini vengono intentati esaminando gli atti con la lente di un ideale risorgimentale che è solo astrattamente coerente, dimentico delle contraddizioni e dei travestimenti (Rossini dirà tempi di maschere )61) che si manifestarono sia sul piano politico-pratico sia su quello della cultura e della coscienza. Anche perché essa fu, in certa misura, falsa coscienza.
In un modo sia pure non problematico Rossini percepisce forte­mente questo aspetto. Guglielmo De Sanctis, pittore e memorialista ro­mano che, conosciuto il compositore a Firenze, lo rivede a Parigi nel maggio del 1862, così ce lo descrive:
I disinganni e la molta conoscenza che ha degli uomini [lo] rendono poco fidente negli attuali rivolgimenti politici. A tale riguardo, parlando di quello che accade presentemente in Italia, mi ha detto: " il solo beneficio che spero dall'unità nazionale, è quello di un nuovo risveglio intellettuale negli italiani; in quanto al resto ho poca fiducia, perché gli uomini, da qua­lunque parte si schierino, sono sempre, per le loro passioni, i medesimi " . [Tuttavia l'atteggiamento di Rossini non è secondo De Santis di cinica chiusura]. La grande esperienza che egli ha della vita l'ha reso purtroppo poco inchinevole a credere alla virtù e alla sincerità degli uomini e quindi ha l'apparenza di essere indifferente ed egoista, ma in fondo all'animo suo egli serba ancor vivo il senso di ammirazione per le cose grandi e generose, come lo dimostrò l'altrieri all'udire Garibaldi fatto prigioniero in Aspromonte ed il Re Vittorio Emanuele costretto ad impedire a quell'eroe di varcare i confini dello Stato Pontificio .62)
Rossini torna, anche in quelle conversazioni, sui fatti di Bologna la ferita ancora bruciai dicendo: Nel 1848 io fui accusato di retrivo perché biasimavo la leggerezza di coloro che credevano di sbaragliare gli austriaci con gl'inni e con gli evviva l'Italia! .63)
6I> Lettera ad Antonio Busca, 15 luglio 1861.
*9 GUGLIELMO DE SANCTIS, Memorie. Studi dal vero, Roma, Forzarli, 1901, pp. 11, 13-14. Il brano è riportato anche nella biografia di G. Radicàotti, U quale aggiunge però un verbo {commovendosi all'udire Garibaldi...) che preciserebbe iil senso del discorso, ma che nello scrìtto di De Sanctis (almeno nell'edizione qui ri­ferita) non c'è.
6*> Rossini prosegue: Il tempo mi ha dato ragione. Non posso disconoscere