Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Liguria. Storiografia. Secolo XIX
anno <1995>   pagina <52>
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Bianca Montale
tro che esaltante- Le opere a più voci inoltre risultano assai varie per contenuti e metodologia e spesso senza un collegamento tra i di­versi saggi; ovviamente disuguali, e non privi di lacune. Un primo risultato certamente utile è quello che si basa su quanto esiste ed è a disposizione degli studiosi sino ad oggi. L'incompleta conoscenza di fonti poco esplorate impedisce un discorso più completo.
L'importante e stimolante capitolo di Giovanni Assereto sulla Li­guria dalla fine della repubblica oligarchica all'Unità merita la massima attenzione. L'autore ha studiato a fondo la giacobina Repubblica Ligure e le classi dirigenti genovesi nel periodo napoleonico e negli anni della Restaurazione, ed ha offerto rilevanti contributi all'analisi di pauperismo, beneficenza, istituzioni caritative. Il suo taglio interpretativo nasce anche dalla profonda conoscenza della realtà socio-economica e finanziaria e delle istituzioni dalla repubblica oligarchica alla prima fase dell 'ammini­strazione sabauda. Si tratta di un discorso serio e documentato, che trac­cia un quadro di Genova e dei genovesi e di riflesso di una regione in cui lo strapotere del capoluogo pone in secondo piano la vita e le esigenze dei centri minori tutt'altro che positivo. Assereto rovescia insomma, sia pure privilegiando aspetti e momenti che meglio ha esplo­rato, il mito tradizionale di Genova città viva e dinamica, oppressa nelle sue aspirazioni libertarie da una monarchia sabauda conquistatrice, tradi­zionalmente nemica: di una Genova all'avanguardia, che si esalta alle sue memorie da Colombo a Balilla e che si pone come centro propulsore del movimento nazionale. In questo saggio non prevalgono i motivi politici, ma piuttosto l'esame attento di una società e di una cultura. L'autore, con assoluto rigore scientifico cui forse la sua qualità di ligure non genovese conferisce un animus particolare, smonta pezzo a pezzo una opinione consolidata, con affermazioni spesso condivisibili ed in qualche caso fortemente polemiche. Occorre comunque ripetere che si tratta prevalentemente di un'indagine rivolta alla classe dirigente, certamente non all'altezza del proprio compito in una fase di mutamento e di crescita, priva di dinamismo, incapace di impegno serio e di scelte audaci. Un'elite statica e municipalista, piena di un orgoglio fine a se stesso, di un odio non sempre motivato verso Ì nuovi poteri. È una sin­tesi intelligente e documentata che lascia tuttavia troppo in ombra Vuto­pia mazziniana cui Assereto, attento a cogliere il malessere della società genovese, dedica ben poche righe.
Il quadro offerto dalla morente repubblica oligarchica è desolante: è sottolineato lo stato di senescenza di una città diabolicamente capita­lista in cui ogni potete è in mano ai patrizi e la debole borghesia è in armonia e simbiosi con essi. È uno stato cittadino che amministra e tassa poco, e trascura ogni forma di moderna promozione economica. Non si ha un'autentica stagione dei lumi , al di là di figure isolate; manca ogni reale alternativa riformista al sistema. Il susseguente regime demo-