Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX. Emilia Morelli
anno <1995>   pagina <521>
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E. Morelli e il 1848-49 521
sequenziale e che ha contraddistinto, soprattutto in passato, l'approccio storico al Risorgimento. Nelle sue prime prove di studiosa anche la Mo­relli si volse a questo atteggiamento sulla base di una forma mentis che poneva in primo piano le singole individualità e ne sottolineava respon­sabilità e meriti nella prospettiva dello scioglimento della questione na­zionale. Così quelle che fin dagli esordi apparvero essere le sue doti principali di ricercatrice l'acume, la finezza dell'intuito, la sensibilità si esplicarono bene più nell'analisi dell'operato dei singoli e nella pe­netrazione delle psicologie che nell'osservazione e nella ricostruzione del­l'iniziativa delle masse: una prospettiva, quest'ultima, cui soltanto nella maturità (e con molte riserve verso quella che le sembrava una forma di demagogia) avrebbe cominciato a credere. Al punto che mi pare che si possa dire che solo dopo essere passata per la ricostruzione del decen­nio di preparazione (uno dei poli del suo interesse di storico, e certa­mente il maggiore in vista dell'edificazione dell'Unità) la Morelli sarebbe potuta tornare al '48 come a qualcosa di corale; e che, ad esempio, solo una dilatazione della prospettiva storica le avrebbe consentito di mettere a fuoco, pur con qualche scetticismo di fondo, un'esperienza a più facce quale quella della Costituente quarantottesca, parola magica che ha avuto il potere di elettrizzare le folle, di aiutare la propaganda della minoranza democratica unitaria ed anche di aiutare i federalisti che tentavano un disperato rilancio, ma nulla più .2)
Alla base della sua diffidenza c'era comunque qualcosa di più sentito della semplice idiosincrasia per un uso troppo disinvolto e corrivo di pa­role come popolo, borghesia, classe etc: termini e formule che conside­rava da un lato inflazionati e di cui, dall'altro, non si stancava di depre­care un po' come Salvemini la genericità e l'indeterminatezza. A lei che aveva vissuto la fine della monarchia e che aveva seguito da vicino le polemiche storiografiche che, nell'infuriare delle passioni, avevano accompagnato l'avvento stesso della Repubblica e la fine del regime sta­tutario proprio nell'anno centenario del 1848, quella prima rivoluzione nazionale era apparsa non con la suggestione della primavera dei popoli ma con il marchio delle lotte intestine e delle funeste divisioni e con­trapposizioni ideologiche. Su questo terreno uno Spellanzon poteva sen­tirsi a suo agio, non certo lei che solo più tardi, raffreddatasi la tensione, avrebbe letto il '48 come momento di preparazione collettiva, di ricerca faticosa di un'unità spirituale della nazione destinata a dare i suoi frutti nel decennio successivo. Non per nulla, in quella che è stata una ricerca storica originale, spesso condotta sulle carte d'archivio e come tale sostanzialmente povera di riferimenti bibliografici, una delle
2) EMILIA MORELLI, L'idea di Costituente, fax Giuseppe Montanelli. Unità e de­mocrazia nel Risorgimento. Convegno di studio, Firenze, 2-3 dicembre 1988, a cura dì PAOLO BAGNOLI, Firenze, 1990, p. 61.