Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Storiografia. Secolo XIX. Emilia Morelli
anno
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1995
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pagina
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541
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E, Morelli e il decennio preunitario 541
definendo non casuali le scelte della studiosa: [...] capiva l'importanza delle istituzioni e degli uomini che sanno muoversi al loro interno ma anche per temperamento era attratta dalle teste calde e dagli idealisti. Considerava una conquista indiscutibile la costruzione dello Stato unitario, ma riteneva che non potesse andare disgiunta dalla formazione di una coscienza nazionale, e a questa erano i rivoluzionari ad aver dato un contributo insostituibile di idee e di passioni .
Emilia Morelli esamina dunque l'evoluzione delle idee: hanno fallito le ipotesi federalista, moderata e neoguelfa: rimane soltanto almeno al centro nord l'aspirazione all'indipendenza. Di fronte all'esperienza dell'inefficienza militare politici e tecnici delle due parti da Lamarmora a Pisacane rivedono le loro posizioni accogliendo la lezione. Il dibattito sulle nuove scelte si allarga nel quadro europeo. La studiosa analizza l'opinione nazionale composita, cogliendo atteggiamenti e stati d'animo di uomini assai diversi tra loro: moderati, democratici, operatori economici, costituzionalisti paternalistici costituiscono un mondo variegato in cui ognuno cerca la propria via in una realtà che muta. È posta in luce la maturazione di coloro che oscillano tra conservatorismo e speranze liberali: i moderati, spesso ancora legati alla vita dei singoli stati trasferiscono Pentusiasmo da Pio IX alla dinastia di Savoia e diventano liberali subalpini. Emblematico è il passaggio di Gioberti dal Primato al Rinnovamento; morta l'idea federale, il Piemonte, solo Stato che mantiene lo Statuto è polo di attrazione. Sul versante opposto, i democratici sono già italiani: la Morelli coglie in questa fase tutta la forza di Mazzini, che non si attarda a recriminare, ma con le sue certezze e la sua coscienza morale tende ad unificare la sinistra rivoluzionaria divisa. Sono ripercorse in una sintesi chiara ed essenziale le vicende del Comitato Nazionale Italiano e della parallela organizzazione democratica europea, ed è sottolineata la discordia nei giudizi e nelle proposte di molti autorevoli esponenti, assai critici nei riguardi di Mazzini. Che rimane tuttavia, di fronte a questa diaspora democratica dalle molti voci contrastanti, il punto di riferimento che ha maggior seguito. Emilia Morelli, attenta ad ogni risvolto politico ed umano, ne pone in giusta luce i momenti focali: primo fra tutti quel 2 dicembre che segna una crisi profonda del movimento democratico su piano europeo, apre un dibattito denso di critiche e recriminazioni e fa cadere l'ipotesi immediata di una Francia paese guida. E, sempre nella stessa direzione, si arriva a quel moto milanese del 6 febbraio, che segna, col dissenso, una presa di distanza di molti uomini della sinistra da Mazzini, non più ritenuto come leader dell'azione.
Parallelamente si snoda la vicenda della difficile ripresa e della crescita delle istituzioni in Piemonte. Dopo la sconfitta, c'è il drammatico dilemma tra il trionfo dei democratici o la repressione, con serio pericolo per lo Statuto. Ma il nuovo re, dopo la mossa maldestra della chiamata di De Launay, con d'Azeglio attua una scelta densa di conseguenze. La Morelli sulle orme del maestro Ghisalberti, valuta in tutto il suo peso