Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Storiografia. Secolo XIX. Emilia Morelli
anno
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1995
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pagina
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543
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' Morelli e il decennio preunitario 543
della Società Nazionale Italiana. Gli esuli politici nel Piemonte liberale, ma anche e soprattutto in grandi capitali europee come Parigi e Londra sono stati studiati dalla Morelli con grande competenza e passione. Non a caso aveva iniziato il suo lunghissimo iter scientifico dedicando un lavoro a quell'Inghilterra di Mazzini che è stata un centro importante di riferimento anche per le vicende politiche italiane nel quadro internazionale. E, per quanto riguarda gli esuli italiani, si era tra gli altri dedicata a Panizzi.
Sull'incidenza dell'emigrazione nel Regno di Sardegna insisteva, auspicando un allargamento delle ricerche. Mi aveva spinto verso la fine degli anni '70, per un suo progetto di approfondimento del fenomeno, ad un lavoro relativo alla Liguria, non privo di difficoltà per i larghi vuoti delle fonti. Si è trattato di un contributo che con tutti i suoi limiti ha dimostrato quanto gli esuli abbiano mutato e maturato l'ambiente di accoglienza rendendolo più vivo, aperto e dinamico, con l'inserimento di culture ed esperienze nuove. E si è visto come l'emigrazione moderata e meno chiassosa di Torino e quella democratica e più irrequieta di Genova abbiano contribuito ad una crescita, ad una sprovincializzazione, alla formazione e alla diffusione di un'opinione italiana. Non si è trattato, comunque, di un'ipotesi di lavoro isolata: al suo allievo Romano Ugolini ha parallelamente indicato il filone dell'emigrazione parigina di Manin e Pallavicino, e della nascita di quel partito nazionale italiano definito la via democratico-moderata all'Unità .
Quel partito nazionale che sfugge di mano a Mazzini dopo una serie di insuccessi dal '53 al '57, e che Manin concepisce come forza concorrente per attuare, con la guida moderata e sabauda, un progetto che da Mazzini era nato.
Il postulato unificatore non è realizzabile se non con le forze del Piemonte costituzionale; per questo, con Pallavicino, si oppone al murat-tismo come al mazzinianesimo, giudicato comunque sempre vivo e pericoloso, e combattuto in modi talora discutibili. Con la crisi e i fallimenti del '57 i mazziniani di stretta osservanza e quei democratici che rifiutano il ralliement con l'iniziativa moderata, sola via ormai possibile, sono emarginati per la loro coerente ma sterile intransigenza. Il dissenso attorno a Mazzini si allarga anche tra antichi amici: la Morelli analizza a fondo il dramma dell'esule, cui non sono sufficienti la ferma fede e il fascino personale di fronte alla caduta di ogni possibilità di iniziativa autonoma della sinistra. Nella mutata situazione è difficile comprenderlo quando paragona il Piemonte ad altri governi assoluti. Lucido ed articolato è il quadro di vicende ed uomini della sinistra in cerca di una via autonoma, ma ormai consapevole della nuova realtà e condizionata da una opinione sempre più orientata verso l'alternativa sabauda. Sono colti i motivi ideali dei pochi che rimangono fedeli al maestro e il significato dell'azione e del sacrificio di Pisacane, ed è sottolineato il rifiuto di quanti Garibaldi e Bertoni in testa manifestano apertamente dissenso e