Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1995>   pagina <567>
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E. Morelli e il Diario Farini
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nistra, ed ha invece considerato assai profonda e invalicabile la frattura tra quest'ultima e l'Estrema Sinistra, che, del resto, soltanto nella sua principale componente, d'ispirazione liberal-radicale e ormai sostanzialmente monarchica, partecipò con qualche efficacia al giuoco parlamentare.
Si può dire insomma che la studiosa valtellinese ha suggerito nel 1962 la fondamentale chiave di lettura del Diario, che spesso è stata trascurata anche in seguito da chi ha insistito sulla esistenza di un solo partito liberale ed ha incentrato la lotta politica nello Stato postunitario sul con­trasto fra quel grande partito e tendenze sociali, culturali e ideologiche rimaste a lungo ad. un livello prepolitico, più o meno estranee al libera­lismo, e generalmente escluse, nell'Ottocento, dalla vita del Parlamento e dalla vera e propria classe politica.
Infatti il Diario di fine secolo si riferisce naturalmente anche alle tendenze sovversive che nell'ultimo decennio del secolo scorso ven­nero assumendo anche forme politiche cordialmente avversate dal Farini, ma riguarda soprattutto gli indirizzi e i conflitti che si manifestarono nel Senato, ma anche nella Camera dei deputati, all'interno dei governi e nella Corte sabauda. Perciò questa fonte interessa principalmente chi vuole distinguere, in seno alla classe politica, dominante e dirigente, le posi­zioni degli individui, dei gruppi e dei partiti liberali, più o meno ancora legati a forme ottocentesche.
E leggendo le pagine del diario, forse più che leggendo i carteggi di Domenico Farini, è possibile comprendere l'esatta posizione politica del presidente del Senato, che ha personalità e indipendenza, ma non è certa­mente un isolato e prende posizione di fronte alle diverse correnti ideo-logico-politiche del liberalismo, di fronte ai partiti personali diretti dai maggiori leaders di quel tempo, e anche di fronte al cosiddetto partito di corte .
Si può dire anzitutto che nel racconto di Farini vi sono certamente molti accenni a gruppi di centro-destra e di centro-sinistra, ma in esso emerge il fatto che i principali punti di riferimento dell'uomo politico romagnolo-piemontese sono sempre quelli tradizionali, che affondano le loro radici nel Risorgimento, sono cioè i grandi partiti della Destra e della Sinistra.
Ma per comprendere come Domenico Farini si collocò di fronte a questi due grandi partiti è necessario, a mio parere, liberarsi dal pregiu­dizio, di radice ideologica e legato ad alcune esperienze politiche del No­vecento, secondo il quale patriottismo esasperato, accentramento, autori­tarismo, militarismo, colonialismo, e così via sono sempre stati monopolio della Destra e sempre sono stati invece avversati e combattuti dalla Si­nistra, pregiudizio che ha dominato gran parte della nostra storiografia; direi che, come esso ha impedito la piena comprensione di tutta la nostra storia postunitaria, così renderebbe assai difficile la giusta collocazione partitica del figlio di Luigi Carlo Farini.