Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1995>   pagina <575>
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E. Morelli e il Diario Farmi
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fluenza che possono esercitare alcuni cortigiani. E guarda con attenzione, ma anche con sospetto, al peso, prima crescente e poi declinante, di Ur-banino Rattazzi in seno alla Casa reale. Infatti questi appare certamente favorevole agli uomini della Sinistra (mentre altri uomini della Corte non nascondono il loro esecrando moderatismo e perfino tendenze clericali), ma è troppo incline a non chiare operazioni finanziarie e politiche, mo­strandosi troppo interessato e ambizioso, nonché poco leale.
Strettamente congiunto al forte legame di fedeltà alla monarchia sa­bauda,321 propugnacolo di unità e di indipendenza, ma anche a quello con le tradizioni della Sinistra, fautrice di armamenti e di preparazione alla guerra, deve considerarsi, a mio parere, l'attaccamento di Domenico Fa-rini alle Forze Armate, e particolarmente all'Esercito. Non è infatti sol­tanto la sua origine (quattordici armi di vita militare) che lo porta a dare centralità al rafforzamento dell'Esercito, ma è anche la considerazione
che il principe è assai colto, di volontà ferma, antipretino deciso; che il duca d'Ao­sta e il conte di Torino poco valgono, nulla sanno (23 die. 1898, pp. 1397-1398). Critica poi l'ambiente (beghine, un prete francese...) che circonda Elena d'Aosta a Torino. Così commenta il paolottismo franco-orleanese comincia a fare le sue prove, a sfacciatamente radicarsi in Corte- E pensare che si tratta del ramo della famiglia reale al quale, purtroppo, per la sterilità della principessa di Napoli, rischia di ricadere l'eredità della corona d'Italia. Badi, rammenti bene il Re che il giorno in cui la dinastia divenisse mancipia del Vaticano, cesserebbe issofatto il suo domi­nio sull'Italia (30 genn. 1899, p. 1432).
Di antisabaudismo Farini accuserà un illustre intellettuale cattolico, il vecchio Cesare Cantù, al fine di impedirne l'ingresso nella Camera Alta. E più volte si van­terà di averne bloccato la candidatura, esercitando il diritto del presidente del Se­nato di difendere la dignità dell'Assemblea col respingere gli indegni al momento di preparazione delle infornate: Odo da Finali essere probabile si nomini senatore Ce­sare Cantù. Sarebbe un delitto di lesa Patria. L'autore della Cronistoria offensiva per Vittorio Emanuele, iniqua per la dinastia, infame per l'Italia stia dove è. Già il Senato, se le voci che corrono son vere, sarà abbastanza malmenato dalle nomine troppo numerose, poco degne ; Io accenno [alla regina, che ha mostrato a Gio-litti il proprio disappunto per la nomina di Tanlongo] la parte da me avuta inutil­mente per impedire la nomina dello Zuccaro e come io riuscissi ad impedire quella di Cantù che nella sua Cronistoria aveva vituperato Vittorio Emanuele. La Regina aderisce ; Una nomina che indirettamente impedii nel 1892 fu quella di C. Cantù. [...] Martini ministro la voleva. Io allora feci leggere al Marietti le accuse politi­che portate contro Cantù alla Camera dopo il 1866 e gli dissi di far leggere al Brin la Cronistoria, dove si vilipende Vittorio Emanuele, il Piemonte, la casa di Savoia, tutto quello con che è stata fatta l'Italia. Se lo nominano, conclusi, quando verrà a giurare, io non gli darò la mano. E Cantù non fu senatore (22 sett. 1892, 23 genn. 1894 e 24 giugno 1895, pp. 129-130, 397 e 708). R. Colapietra (D. IÌ presi­dente del Senato, cit., p. 546, n. 20) riporta una lettera, del 14 luglio 1891, di Luigi Qiiaia a Farini su precedenti intrighi diretti a far nominare Cantù : Se ne avete il destro, parlatene confidenzialmente a Nicotera. Ieri Berti mi ricordava che, quando Lanza era ministro, lo dissuase dal proporre la nomina di Cantù a senatore. Lanza insistette ma Vittorio Emanuele si rifiutò di nominare senatore l'autore della Cronistoria che certo voi avrete letta.