Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1995>   pagina <580>
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Fausto Vomì
dell'Ottocento non abbia portato la Lanciotti ad anticipare, secondo im­postazioni ideologiche già dominanti in questo campo, degli sviluppi che vennero maturando soltanto al culmine della crisi di fine secolo.
Se il diario fariniano è di grande aiuto per cogliere la concretezza dello sviluppo storico negli otto o nove anni durante i quali il presidente del Senato registrò diligentemente vicende parlamentari e conversazioni ad alto livello politico, più particolarmente e chiaramente esso documenta la continuità dell'atteggiamento di Domenico Farini riguardo al problema che richiama oggi l'attenzione degli storici delle istituzioni politiche. Mi sem­bra infatti che quanto, soprattutto dall'Antonetti, è stato osservato sulla posizione di Farini riguardo al problema del Senato al tempo dei primi governi Crispi trovi continue conferme nel Diario di fine secolo per gli anni successivi alla prima caduta dello statista siciliano.44*
In particolare egli era favorevole al ministro Giolitti (la cui ansia di economia sembrava risparmiare le spese militari): scriverà che grande er­rore di Crispi fu, alla fine del 1890, quello di prendere le parti di Fi­nali inducendo il piemontese alle dimissioni.
E sostanzialmente favorevole sarà Farini anche al governo che Giolitti forma nel maggio 1892, soprattutto perché si presenta come un ministero di pura Sinistra . L'immediata reazione di molti senatori, guidati da Andrea Guàrneri, contro un governo che comprendeva soltanto un mini­stro proveniente dalla Camera Alta,45) era certamente una battaglia anacro­nistica, perché certamente la sfiducia del Senato, non soltanto non avrebbe potuto abbattere un governo, ma neanche modificarne la composizione. Ma si trattava dell'avvisaglia che precedette di pochi mesi il conflitto che per­venne a maturazione nell'autunno (in tempo elettorale) e aggiunse, alla sostanza politica dell'opposizione moderata, forti motivazioni di carattere formale e morale di gran parte dei patres conscripti e dello stesso presi­dente dell'assemblea. La reazione di Giolitti non fu meno drastica di quella di Crispi nel 1890.
Farini non nasconde le sue critiche a Giolitti, e particolarmente alla massiccia infornata dell'ottobre 1892: La lista dei senatori [...] è da me ripetutamente qualificata una aberrazione mentale [...]. Si offende
**> La prospettiva di un possibile atteggiamento volto non solo a ritardare leggi volute dal governo e dalla Camera, ma anche ad impedirne l'approvazione, appare, ec­cezionalmente, in una lettera di Farini, del 14 marzo 1891, cioè dopo che a Crispi è subentrato di Rudinì, pubblicata da Colapietra in D.F. pres. del Senato, cit., p. 342: Non mi pare spediente, nelle condizioni nostre, addimostrare non essere il Senato, per suo istituto, chiamato a resistere, ma solo a rallentare le troppo precipitose deli­berazioni. Quale arma codeste deliberazioni non sarebbero contro la resistenza che gli avvenimenti gravi comandassero alla nostra virtù! .
45) L'o.d.g. proposto da Guàrneri recitava: Il Senato, dolente, nell'interesse del regime parlamentare, che non siasi tenuto sufficiente conto della sua partecipazione all'esercizio del potere ministeriale, passa all'ordine del giorno (M.E. LANCIOTTI, La riforma, cit., p. 275).