Rassegna storica del Risorgimento

Emilia Morelli
anno <1995>   pagina <593>
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Una cara, antica amicizia
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madre fummo testimoni ed insieme partecipi, diventando la Milla persona cara per la nostra famiglia, ed amici i suoi cari, il padre Eugenio, la madre Pinetta e la sorella Giuseppina, la Ciccia per gli intimi. Ami­cizia familiare, destinata a consolidarsi fortemente nel tempo e a rivelarsi, in certi momenti assai difficili per noi, in tutta la sua realtà. Durante gli anni tristi del razzismo, infatti, quando mia madre fu cacciata dalle inique leggi di allora dall'insegnamento perché ebrea e quando mia zia Alma De Angeli, rimasta vedova e senza mezzi con i due figli, Anna e Giorgio, ancora ragazzi allontanati dalle scuole e senza alcuna prospettiva perché emarginati dall'antisemitismo del regime, dall'intervento deciso di Eugenio Morelli, al tempo piuttosto influente sulle autorità e che il raz­zismo del regime certo non condivideva, fu possibile ottenere quei visti di espatrio che significarono per quella famiglia la possibilità di salvarsi da un destino forse terribile. All'indomani dell'8 settembre 1943, con i nazisti entrati a Roma, invitati dalla Milla ed accolti affettuosamente dai suoi, casa Morelli fu il primo rifugio per mia madre e per me, costretti per nove lunghi, interminabili mesi ad abbandonare la nostra abitazione per ragioni di sicurezza. E di questi fatti, ora che i miei non sono più, resto solo a testimoniare, riconoscente per ciò che la Milla ed i suoi fe­cero in tempi diffidi issimi per noi.
La rievocazione di quei fatti e di quei tempi mi induce, comunque, ad una riflessione sulle idee politiche di Eugenio Morelli e dei suoi. Che egli sia stato fascista e che del regime sia stato anche un esponente qua­lificato, nonostante in gioventù avesse gravitato intorno al radicale Cre-daro, anch'egli originario della Valtellina, è fatto noto. Della prima espe­rienza politica, vissuta accanto al grande pedagogista, qualcosa, infatti, dovette essergli rimasta impressa, come si evinceva dal suo istintivo posi­tivismo e dal suo sincero laicismo di chiara matrice ottocentesca e risor­gimentale non disgiunto da una certa diffidenza verso quanto sapeva di clericalismo. Credo, però, che della sua adesione al fascismo e, quindi, della sua ascesa ad una posizione di rilievo la motivazione ultima sia stata l'occasione offertagli da Mussolini di organizzare con tutti i mezzi disponibili la campagna e la lotta antitubercolare in Italia. Con ciò non voglio assolutamente negare la sua partecipazione entusiastica all'euforia collettiva per i successi interni ed internazionali del regime, culminati con la conquista dell'impero africano, né la sua fiducia in Mussolini e nel suo operato almeno fino al momento in cui la guerra, che peraltro aveva ac­cettato con molte riserve per il naturale sentimento antitedesco di ex­combattente del 1915-1918, non suscitò anche in lui, col dubbio sull'esito, un senso di angoscia per i destini del paese. La Milla, poi, che al con­tatto quotidiano con mio padre nell'università e nell'istituto, sentiva ciò che egli pensava e diceva di quanto stava avvenendo, e che condivi­deva largamente le sue idee ed i suoi sentimenti, veniva assumendo posi­zioni sempre più distanti da quelle del regime, fino a far proprie, dal 1943, le tesi antifasciste. Sia Morelli che sua figlia, comunque, erano