Rassegna storica del Risorgimento
Emilia Morelli
anno
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1995
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pagina
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603
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Fuori d'Italia: il ricordo di colleghi e ditevi 603
3) FUSATOSHI FUJISAWA, Keizai University, Tokyo (Giappone).
AL MIO MAESTRO
Non posso contare il numero delle lettere che le ho scritto a cominciare dal 1970. Ho continuato a scriverle sia a proposito delle mie ricerche di storia sia circa la mia vita privata. Mi ha sempre risposto con sollecitudine e con precisione, anche quando si trattava di cose minime. Per chi come me si è dedicato allo studio della storia risorgimentale italiana vivendo in un paese lontanissimo, questa sua costante e affettuosa attenzione è stato l'incoraggiamento fondamentale che mi ha sostenuto e permesso di proseguire nel mio lavoro. Senza il suo insegnamento e la sua guida non sarei esistito in quanto storico e nemmeno in quanto persona. Conservo tutte le sue lettere come il mio più prezioso tesoro, il mio portafortuna, la guida della mia vita.
Quando occasionalmente telefonai in Italia a Franco Della Peruta, per prendere accordi circa un convegno di studi in preparazione, era il giorno dopo la sua scomparsa e Della Peruta mi disse subito ad alta voce: Emilia Morelli è morta. Sul momento non sono riuscito a capire le parole, perché credevo dentro di me che fosse una persona immortale, che mi avrebbe guidato per sempre, e da parte mia ero sempre pronto ad accorrere in Italia se avesse avuto bisogno di me. Ora penso e credo che lei stessa mi abbia ispirato a telefonare a Della Peruta per farmi comunicare da lui la tristissima notizia.
A ogni mio ritorno a Roma andavo subito al Vittoriano, constatavo la presenza della sua automobile nell'ingresso, e salivo subito fino all'Istituto provando una gran gioia al pensiero di rivederla e di raccontarle quello che avevo fatto dall'ultima volta che ci eravamo visti. Ma ormai ogni ritorno è diventato per me un ritorno molto triste. Il grande vuoto nel cuore che, visitandola nel febbraio scorso, ho sentito di fronte alla sua tomba a Teglio, ancora senza iscrizione, si è fatto ancora maggiore mentre salivo in ascensore all'Istituto. Nella sua stanza ho parlato di lei col suo piò stretto collaboratore Arpino. Con Ugolini ho condiviso telefonicamente il nostro grandissimo dolore e la nostra profondissima tristezza.
Sulla sua tomba, in febbraio, c'era ancora la neve. Lì le ho chiesto perdono di non aver potuto assistere al suo funerale e l'ho ringraziata per la sua benevolenza e le innumeri gentilezze che ho ricevuto da lei. La prima fu tuia lettera di raccomandazione per una borsa di studio del Governo italiano, nel 1971, che le avevo chiesta dopo la lettura del suo libro Mazzini in Inghilterra . Subito dopo il nostro primo incontro all'ingresso del Vittoriano mi presentò ad alcuni suoi allievi della mia stessa età, con i quali si formarono presto legami di amicizia e di collaborazione che continuano tutt'ora e ai quali devo molto. Terminata la