Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Friuli. Modernismo
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1996
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133
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Vita dell'Istituto
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NAPOLI. Il 18 marzo 1995 si è tenuta l'assemblea per l'elezione del Consiglio direttivo e dei revisori dei conti. Sono risultati eletti quali componenti il Consiglio direttivo i soci: Renata De Lorenzo, Silvio de Majo, Raffaele Feola, Carmine Maiello, Cesare Scarano, Alfonso Scirocco. I revisori dei conti sono Fulvio Mastrangelo e Anna Pessina.
Il successivo 5 aprile si è tenuta la prima riunione del Consiglio direttivo che ha provveduto alla nomina del Presidente nella persona di Renata De Lorenzo, del Vice-presidente (Raffaele Feola) e del Segretario-tesoriere (Carmine Maiello).
Il Consiglio ha anche deciso di cooptare come membri aggregati i soci profL Domenico Demarco e Giuseppe Galasso.
La prima attività del neocostituito direttivo del Comitato si è articolata in un incontro-dibattito sull'industrializzazione nel Mezzogiorno e in Sicilia, svoltosi il 10 ottobre 1995. Prendendo spunto dalla pubblicazione dei volumi di Giovanni Brancaccio {Primato di Napoli e identità campana nell'Italia unita, Editrice Itinerari, Lanciano, 1994) e di Orazio Cancila [Storia dell'industria in Sicilia, Laterza, Roma-Bari, 1995) nonché dalla ristampa di un volume di Guido Pescosolido [Agricoltura e industria nell'Italia unita, Laterza, Roma-Bari, 1994), studiosi di diversa estrazione hanno verificato la validità di alcuni modelli di sviluppo elaborati e discussi negli anni Cinquanta-Sessanta, esaminato la fecondità della prospettiva regionalistica e urbana prediletta dagli autori delle opere citate, suggerito interessanti spunti di ricerca ma anche carenze degli studi.
Rispetto alle suggestioni dell'economia-mondo la riflessione sulla priorità epistemologica dello spazio regione nei due casi, Campania e Sicilia, è stata integrata da quella sulla politica statale unitaria: riconoscimento del dinamismo diversificato delle aree regionali italiane, ma in una dimensione nazionale più integrata col resto del paese. Il vecchio schema dell'arretratezza dello sviluppo aveva ancorato il dualismo ad una visione che penalizzava le sottoarticolazioni della crescita.
Nell'introdurre il dibattito Renata De Lorenzo si è soffermata sull'opportunità ma anche sui limiti delle scelte regionali/subregionali: esse hanno il vantaggio dell'articolazione o della messa in discussione dei modelli, ma rischiano di frantumare eccessivamente un fenomeno che va comunque riportato ad una dimensione nazionale, europea, mondiale. La stessa componente metropolitana dell'industrializzazione, verificabile per Napoli nel volume di Brancaccio, comporta un ribaltamento della prospettiva dell'analisi, nel considerare ie manifatture più come motore della crescita che derivanti da essa.
Campania e Sicilia, prese in considerazione nel dibattito, presentano problemi in parte simili e le conclusioni sull'accentuarsi del dualismo di fronte alle scelte dello stato unitario sono verificabili per entrambe sul trend Otto-Novecento fino alla formazione delle rispettive regioni come organismi istituzionali non solo come entità toponomastiche. Nel primo caso la presenza di un capoluogo invadente come Napoli incide in positivo come modello culturale e come aspirazione a plasmare sul suo risorgimento tutto il destino regionale, in negativo per il manifestarsi di un ulteriore dualismo, legato alla eterogeneità del territorio, delle vocazioni produttive, dei comportamenti, delle scelte statali in merito alla crescita dei due comparti.
Nel caso siciliano il referente della diversità-dualismo è in una prima fase il Regno di Napoli, dato il carattere subalterno che l'isola ebbe nelle scelte borboniche protezionistiche rispetto all'area napoletana in campo industriale, dall'altro il Nord del paese nel periodo unitario: si accentuano infatti nell'isola, come in altre aree, le disparità, nonostante la presenza di figure imprendito-