Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Friuli. Modernismo
anno <1996>   pagina <134>
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Vita dell'Istituto
liali, ritmi di crescita, dinamismi talora notevoli, valorizzati di recente da una storiografia sensibile ai temi della modernizzazione .
A queste realtà regionali Brancaccio nel suo intervento, teso ad arric­chire la casistica, ha aggregato quelle della Basilicata e quella abruzzese, zone lontane, proiettate su forme di protoindustria più o meno simile, ma con per­corsi diversi per distribuzione delle risorse e del reddito; anch'esse tuttavia in una fase soprattutto di fine Ottocento-Novecento, appaiono incapaci di un reale salto qualitativo. Ciò non esclude la validità di uno studio dell'industria, tema su cui Brancaccio torna nella replica ad alcuni interventi sul suo libro per agganciare alla crescita di questo settore anche l'odierna potenzialità di svi­luppo napoletana, apparentemente assorbita dall'immagine di città d'arte e dì turismo.
È ancora una volta la questione meridionale al centro del dibattito, come ha sottolineato Paolo Macry, in quanto essa consente il recupero di una di­mensióne di analisi più ampia, capace di assorbire la molteplicità di interessi e di spunti di ogni analisi sul Mezzogiorno; quest'ultimo si frantuma infatti in tanti Mezzogiorni fra i quali la dimensione Campania, anche in ricer­che alla Putnam, figura tra le più arretrate, per la debolezza dello spirito civico di origine secolare, a dispetto dello spessore culturale. Come risulta anche dai contributi al volume Campania della collana einaudiana sulle re­gioni (a cura di P. Macry e P. Villani) in essa coesistono due situazioni spe­cifiche, alter ego di due questioni meridionali, Napoli e la Campania. Lo scom­penso popolazione-risorse, il rapporto fortemente squilibrato fra i due termini, hanno inciso sulle scelte politiche e sulla fisionomia del mondo imprenditoriale. Quest'ultimo, in quanto formato da operatori in stretto contatto con la Co­rona, ha prediletto infatti la dimensione urbana e, come dimostrato da J. A. Davis in un volume ancora ricco di suggestioni, ha accentuato la fisionomia della città come luogo di forte intensità politica, che ha per poli di riferi­mento la nobiltà e la burocrazia. Nella sua complessità si qualifica soprattutto poi come grande mercato, con un sistema mercantile frantumato che offre spazi alla camorra, che predilige l'usura, il lotto, il gioco d'azzardo, in quanto circuiti trasversali della distribuzione, ma anche la carità, quando essa ad esempio diviene lo strumento privilegiato di intervento dei cattolici nella vita cittadina. La diversità della Campania rispetto a Napoli è anche nella scarsa fortuna dell'esperienza protoindustriale. Pur considerando la sua situazione non diversa da quella di altre zone del paese, come la Brianza, ove però i bas­sissimi salari erano compensati da altre forme di attività, Macry ha posto una serie di agganci comparativi relativi al mercato, alla struttura familiare, alla divisione dèi lavoro, all'imprenditorialità, per ribadire il quesito sui motivi per cui la Campania non ha avuto uno sviluppo simile a quello di altre re­gioni. Domanda ancora priva di una risposta certa da parte di politici, econo­misti, imprenditori. Certo è che, ha concluso Macry, si è avuta una crescita dei redditi fuori dei meccanismi di sviluppo, che la politica ha distorto il mercato e che la perequazione tra i vari comparti della Campania è avvenuta soprattutto grazie allo Stato.
In più occasioni (Pescosolido, Cancila, Frascani, Galasso) il dibattito ha dato risalto della fase pre-1860 per la qualificazione delle successive disparità. Rispetto ad un divario iniziale fra gli Stati italiani preunitari molto debole per livelli di vita, per produttività (tranne che per la seta e per il mais), per chilometraggio ferroviario (tranne che in Piemonte), più accentuato invece per strutture civili e infrastrutture, con primati del Regno di Napoli nella cerealicoltura e nella marina, ciò che è fortemente incidente nello stesso pe­riodo è il divario rispetto all'Europa; per la necessità di colmare questo iato fra il 1861 ed il 1887 si crearono le condizioni per il processo di accumula­zione e furono fatte scelte che agevolarono le zone dotate di maggiori fonti