Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XX
anno <1996>   pagina <436>
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Giuseppe Talamo
patta e continua di una vita di lavoro, vissuta all'insegna dell' entusiasmo , della tenacia e delT umiltà , per riprendere testualmente i tre motivi che la concludono.
La biografia di Spaventa, dunque, nata da una tesi di laurea discussa mentre l'Italia entrava in guerra nel giugno del 1940, divenne un volume, finito di stampare da Laterza nel dicembre 1941, e apparso in libreria ai primissimi del 1942, dopo essere stato letto e giudicato molto positivamente sia da Benedetto Croce che da Adolfo Omodeo. L'autore dovette celarsi sotto lo pseudonimo di Paolo Romano perché, come sappiamo, agli ebrei in Italia, in base alle leggi razziali fasciste, entrate in vigore nel 1938, era proibito di pubblicare.
Il giudizio positivo di Croce e di Omodeo riguardava certamente il taglio dell'opera e l'intelligente utilizzazione di un consistente materiale inedito, ma non v'è dubbio che in quel giudizio trovarono posto anche le coraggiose e chiare prese di posizione nei confronti del regime del gio­vanissimo storico che nel 1941 aveva appena 23 anni. Come non cogliere, infatti, la forte polemica ideologica nei confronti dello stato totalitario nella sottolineatura, da parte di Alatri, della funzione essenziale dell'opposizione in uno Stato liberale, e della diversa concezione dello Stato etico da parte di Spaventa e degli altri hegeliani napoletani, che era stata poi ripresa e sviluppata da Giovanni Gentile?
Ma anche il lettore più sprovveduto, che non avesse saputo o voluto cogliere la sostanza di quella polemica, non avrebbe certo potuto glissare sul netto e argomentato rifiuto dell'interpretazione gentiliana di Cavour, citata chiaramente in nota con i relativi scritti di Gentile: Che cosa è il fascismo e la prefazione allo Stato moderno di Francesco Ercole. In quella interpretazione scriveva Alatri il Risorgimento non sarebbe stato liberale, ma semplicemente nazionale, patriottico e la libertà politica un puro mezzo per arrivare all'unità e all'indipendenza, un mezzo per di più non sempre accettato con entusiasmo .
Una interpretazione quella di Gentile anticipata dal filosofo nel-rintroduzione agli Scrìtti politici di Cavour, del 1925, nella quale egli, pur avendo definito il conte il maggiore pensatore politico che l'Italia abbia mai avuto precisando se il pensatore politico non è il produttore di più o meno astratti filosofemi, ma il propulsore della coscienza con­creta, storica, attuale e viva di un popolo aveva poi giudicato il suo pensiero, come sistemazione di concetti , inferiore al valore storico dell'uomo . La sua idea di libertà basata sul razionalismo anglo-fran-cese, teorizzatore dei pretesi diritti naturali dell'individuo singolo era stata corrosa, a giudizio di Gentile, dai sistemi filosofici italiani e tede­schi ed era stata superata già allora dalle dottrine che avevano dimostrato che l'individuo non esiste se non nella storia, ossia come membro della società . Partito quindi da principii discutibilissimi Cavour era riuscito a compiere autentici portenti con una quanto mai opportuna interna