Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Roma. Questione sociale. Secoli XVIII-XIX
anno <1996>   pagina <458>
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Luciano Nasto
china che lo Stato acquistò per 598 scudi. Volendo subito intraprendere la produzione, le autorità pontificie accettarono la proposta dell'intra­prendente Carlandi che chiedeva indirettamente aiuto, protezione e incoraggiamento .73) Il Carlandi, che aveva un socio, Giambattista Gra­ziosi, svolgeva la sua attività nella zona di Tivoli. Il sito ove sarebbe stata avviata la costruzione di viti mordenti era Villa Mecenate, luogo ricco di acqua, che era stato alla fine del XVIII secolo fabbrica di can­noni. Luciano Bonaparte ne fece poi una fonderia di ferro; in seguito il forno fusorio fu adattato al piombo, mentre a pochi metri di distanza prendevano le mosse i primi telai. Al tempo del Carlandi questo grande locale si presentava in modo molto diverso dalle fabbriche specializzate che conosciamo. Accanto alla ferriera trovava posto una falegnameria, una saponieria e, poco più in là, un molino a oglio .74)
Antonio Carlandi acquistò, pagando in quattro rate semestrali, per la stessa somma che aveva sborsato lo Stato pontificio, 598 scudi, il macchinario costruito dallo Spring. La Cassa dei Lavori Pubblici di Bene-fidenza s'impegnava a dare all'imprenditore un numero di indigenti non superiore a 60, che, al pari dei poveri impiegati negli scavi, sareb­bero stati pagati dalla stessa Cassa dei Lavori pubblici con 20 baiocchi al giorno, che sarebbero però stati versati all'imprenditore il quale avrebbe poi settimanalmente provveduto al pagamento. 20 poveri lavoranti fu­rono subito assegnati al Carlandi per riattare l'ambiente di Villa Me­cenate. Secondo il contratto, stipulato il 15 maggio 1830, l'intrapren­dente , si impegnava da parte sua ad addestrare gli uomini al lavoro che sarebbe stato diretto dallo Spring, a fornire loro un alloggio, a ver­sare, escluso il primo anno, alla Cassa dei Lavori Pubblici di Beneficienza il decimo dell'utile netto . Il Carlandi, inoltre, poteva chiedere la so­stituzione di quegli elementi dei quali non si fosse ritenuto soddisfatto .75)
Lo Stato pontificio certamente non aveva mancato di dare incorag­giamento all'imprenditore di Tivoli. Gli scopi del Governo erano due: riuscire a diminuire gradatamente ma notabilmente il numero dei lavo­ranti ai scavi di Roma e poter finalmente vedere realizzato quel modello di operaio virtuoso che ancora era nei cuori e nelle menti delle autorità romane.
I lavoratori oggetto di questo esperimento, non sembravano però aver voglia di fornire una partecipazione attiva. La maggior parte di essi, come accennato, erano impiegati a Roma in lavori di sterro. Erano uo­mini capaci di organizzare proteste collettive durante i periodi nei quali,
73) Ibidem.
74> ASR, Tesorierato generale Arti e commercio, b. 283. Rapporto sulla fabbrica delle viti a mordente presso Tivoli, 10 maggio 1832.
75> ASR, Camerkngato, parte 2, tìt. III, busta 66, fase. 1896. Copia del con­tratto, ót.