Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Sidney Sonnino. Secoli XIX-XX
anno
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1996
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pagina
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524
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524 Libri e pendici
sull'azione di Mazzini siano comunque molto difficili da sviluppare ogri. Con la sua vicenda umana e politica sf sono, infatti, misurati i nostri principali storici del Risorgimento nel Novecento, da Nello Rosselli a Luigi Salvatorelli, da Giovanni Spadolini a Franco Della Peruta, da Alberto Maria Ghisalberti alla compianta Emilia Morelli, che proprio al patriota genovese dedicò alcuni dei suoi più importanti studi. Tutti questi nomi si ritrovano, peraltro, nella nota bibliografica piuttosto succinta posta a conclusione del volume di Ambrosoli. L'Autore, conducendo il suo discorso con un stile piano e scorrevole, nulla aggiunge, appunto, a quanto già si conosce sul patriota genovese. È la sua interpretazione del pensiero e dell'azione di Mazzini che può, semmai, suscitare discussioni. In questo senso, la scelta ci sembra sia stata quella di mettere in luce l'atteggiamento rigidamente unitario, l'opposizione netta, assoluta, intransigente, irrinunciabile al programma federalista (p. 129) che portò Mazzini, durante il 1848 in Lombardia, a diventare possibilista perfino su una monarchia unitaria, preferibile alla repubblica federalista sostenuta da Cattaneo, poiché nel federalismo Mazzini vedeva un'assenza di idealità e lo considerava una scelta utilitaristica non soddisfacente l'esigenza di dare a un popolo diviso un'effettiva unità (p. 129).
Al di là, comunque, di questo aspetto del pensiero del patriota genovese, la lettura di una sua biografia offre sempre l'occasione per un ripensamento sicuramente utile sui limiti del movimento democratico nel Risorgimento italiano. Ambrosoli giustamente ricorda riprendendo un argomento già più volte utilizzato che lo sfruttamento economico e le condizioni inumane del lavoro nelle fabbriche non erano ancora emersi in tutta la loro gravità nell'Itali lia dei primi decenni dell'Ottocento e quindi Mazzini non poteva pensare di coinvolgere il proletariato nella lotta per la libertà e l'indipendenza. La quasi totale assenza del popolo , pur ossessivamente evocato da Mazzini nei suoi scritti, deve essere tuttavia spiegata non solo con questa motivazione, ma anche con l'enorme difficoltà incontrata dagli intellettuali democratici nel far giungere il loro messaggio alle classi subalterne. I periodici fondati da Mazzini furono numerosi, però rileva Ambrosoli i giornali che riuscivano a sfuggire al controllo delle polizie finivano quasi sempre, purtroppo, soltanto tra le mani di coloro che avrebbero avuto meno bisogno di leggerli, perché erano i più provveduti culturalmente ed erano già in grado di intendere la realtà nefìa quale si trovavano a vivere (p. 38).
L'incomprensione delle ragioni, diciamo così, strutturali del problema sociale italiano (che nell'Ottocento si identificava con la questione contadina) fu in Mazzini drammatica. Egli era convinto che le condizioni sempre più critiche delle classi subalterne dipendessero unicamente dal malgoverno dispotico dei sovrani della Restaurazione, dall'insolente potere dell'* esosa aristocrazia , ma ignorava il processo di affermazione del modo di produzione capitalistico, che vedeva proprio nei borghesi proprietari i principali responsabili del degrado della qualità della vita delle masse popolari. Mazzini, invece, rimase per tutta la vita convinto che in Italia esistesse una realtà rivoluzionaria estesa, che il popolo avesse una maturità rivoluzionaria bisognosa principalmente di essere educata e resa consapevole delle sue possibilità, attraverso l'opera svolta da capi dotati della forza spirituale e del rigore necessari per esercitare il completo controllo degli avvenimenti. TI popolo di Mazzini finì, in realtà, per coincidere essenzialmente con gli appartenenti alla borghesia intellettuale, alle libere professioni, all'esercito, nonostante le dichiarazioni di principio e la diffusione delle sue organizzazioni tra i primi gruppi operai e tra gli artigiani, specialmente in Lombardia, dopo il 1848-49. Secondo Ambrosoli, anzi, non si può parlare di una vera e propria evoluzione delle idee del Genovese rispetto alla prima formulazione avvenuta al momento della fondazione della Giovine Italia e documentata dagli scritti comparsi sull'omonima rivista, ma