Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Sidney Sonnino. Secoli XIX-XX
anno
<
1996
>
pagina
<
525
>
Libri e periodici
525
dell'accentuazione di alcuni temi, in particolare quello della missione religiosa, che manterranno la loro evidenza nel suo successivo percorso intellettuale (p. 85). La caparbia convinzione di Mazzini che non appena la miccia fosse stata accesa, la gente si sarebbe sollevata (p. 63) nasceva, dunque, da una sua visione immaginaria dell'Italia, da uno slancio volontaristico che trasferiva negli altri la fede che egli possedeva. Il pensiero di Mazzini fu, insomma, l'espressione del Romanticismo a livello polìtico. Potremmo dire che da una parte si trovavano i liberali, in particolare piemontesi e toscani, con la loro cultura pragmatica, fondata sull'esperienza concreta e diretta dei problemi economico-sociali e sulla vatutazione della situazione internazionale ispirata alla realpolitik; dall'altra Mazzini, con il suo bagaglio quasi esclusivamente letterario-filo-sofico: Dante, Foscolo, Rousseau, Byron, Schiller, Goethe, Schlegel, Herder, gli autori rileva Ambrosoli che formavano la sua base culturale.
L'equivoco emerse in tutta la sua evidenza durante la cosiddetta rivolta dei barabba del 6 febbraio 1853 a Milano, dove le Fratellanze operaie furono spinte ad agire non tanto da sentimenti nazionali quanto dalla difficoltà delle condizioni di vita e da ostilità verso la borghesia che respingeva le loro richieste (p. 185). Proprio perché al corrente dei fermenti esistenti tra i lavoratori, gli appartenenti alla piccola e media borghesia del comitato mazziniano secondo Ambrosoli pensarono che fosse opportuno rimanere in disparte. Mazzini aveva proclamato che la rivoluzione italiana, per affermarsi in forma democratica, esigeva l'apporto di tutto il popolo, ma riguardo al problema concreto delle condizioni di vita degli operai e dei contadini e dei rapporti tra imprenditori e dipendenti si era limitato alle generiche affermazioni umanitarie affioranti nei suoi scritti: la proprietà estesa a molti, affrancata dal censo, legittimata dal solo lavoro; la fratellanza tra i buoni di tutte le classi , il nuovo ordine capace di raccogliere sotto una sola legge d'equilibrio tra la produzione e il consumo, senza distinzioni dì classi, senza predominio tirannico di uno degli elementi della produzione sull'altro, tutti i figli della stessa madre, la Patria ; il diritto-dovere all'associazione. Si trattava di formule astratte, lanciate senza verificare come si fossero potute tradurre nella realtà di quel momento storico (pp. 225-226). La dura concretezza della dinamica economico-sociale restava velata da una visione moralistica, che la riduceva al contrasto tra due classi di cittadini, i buoni e i trisd, gli amorevoli al bene altrui e capaci di sacrifici e gli egoisti, se borghesi o artigiani non conta, che non pensano che al proprio benessere . Conclude, quindi, Ambrosoli che là dove i moderati avevano realizzato una straordinaria compattezza attorno al programma cavouriano, i democratici si erano ripetutamente spaccati e, nel corso degli anni, avevano subito un numero incredibile di defezioni. L'idea repubblicana era rimasta patrimonio di pochi, coraggiosi uomini fedeli fino all'ultimo alla loro convinzione (p. 274).
FILIPPO RONCHI
FILIPPO PARLATORE, Mie memorie, a cura di Agnese Visconti; Palermo, Sel-lerio, 1992, in 8, pp. 477. S.p.
Nel corso del 1841, il giovane ma già noto botanico Filippo Parlatore, mentre andava compiendo il suo primo viaggio di formazione a Ginevra ed a Parigi, pensava alla possibilità che venisse creato a Firenze, presso il locale Museo di storia naturale, da lui definito come il più bello d'Italia , un Erbario generale italiano, fidando sulla buona disposizione manifestata da Leopoldo II verso la scienza. La capitale toscana gli sembrava cioè prestarsi ad acquisire i contorni del luogo dove operare il superamento delle raccolte bo-