Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Storia. Secoli XIX-XX
anno
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1997
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pagina
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21
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E. Naihan e la politica nazionale
dell'italianità quella corrente di energie che fuggivano anno dopo anno dal paese andando ad arricchire altre zone del mondo. Aveva cioè fatto proprio e rielaborato quel progetto di una grande Italia che era dilagato nel paese negli anni a cavallo del secolo e aveva visto fiorire una molteplicità di proposte di diverso genere.9)
Due mesi più tardi, con un altro articolo su Nuova A.ntologiay le sue teorizzazioni evolvevano ulteriormente, proponendo una immagine di grande Italia , non più affidata alla forza vitale dei lavoratori italiani stanziati all'estero, ma al potenziamento delle spese militari, in senso difensivo come offensivo. L'interesse si stava concentrando sulla questione delle frontiere nazionali (per terra e per mare) e sulla necessità della loro difesa. A questo scopo domandava l'incremento dell'esercito, della flotta, delle fortificazioni e delle dotazioni a terra, finendo con il rivendicare esplicitamente all'Italia un ruolo di grande potenza. A questo punto la politica estera assumeva un ruolo fondamentale, addirittura preminente nei riguardi di qualsiasi aspetto. La politica estera, osservava, era la questione delle questioni, più importante di tutte le altre perché per quello vi è supremo pericolo di mora. Il suffragio può aspettare, notava il futuro sindaco della capitale, può aspettare la conversione, possono aspettare le riforme economiche, le perequazioni tributarie; per i pretori, i parroci, le ferrovie, le riforme scolastiche vi è modo di temporeggiare, senza irrimediabile danno, non per quella: arrivata a maturità, la soluzione non ammette dilazioni, pena il sedere sul banco dei falliti. E a suo parere la situazione si presentava come matura, ponendo il paese di fronte ad un bivio: da una parte una vita tranquilla laboriosa, ordinata, concentrata sugli affari interni, ma che inevitabilmente avrebbe portato alla rinunzia ad ogni ruolo internazionale, al contenimento demografico e quindi alle ridotte funzioni di esseri neutralizzati incapaci di espansione , dall'altra la scelta di collocare l'Italia nella posizione di pari dignità con le altre nel consesso internazionale, quella di grande potenza. Fra queste due strade l'autore indicava l'ultima come quella più degna per un giovane popolo, sorto a nuova vita, dotato dei requisiti per camminarvi.10)
In un periodo in cui sempre più chiaramente si stavano scatenando gli appetiti imperialistici delle grandi potenze, un ruolo neutro a suo parere avrebbe significato solo umiliazioni e povertà, l'incapacità di essere forti e rispettati avrebbe significato essere schiacciati e sfruttati a livello economi-
9 Su questi temi v. G. ARE, ha scoperta dell'imperialismo, II dibattito della cultura italiana nel primo novecento, Roma, 1985; A. ÀQUARONE, Politica estera e organizzazione del consenso nell'età giolittiana: il Congresso di Asmara e la fondanone dell'Istituto Coloniali Italiano, io Storia contemporanea, marzo 1977, n. 1, pp. 57-119; giugno 1977, n. 2, pp. 291-334; settembre 1977, n. 3, pp. 549-570,
Q) E. NATHAN, il bivio cìt