Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storia. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <150>
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Gian Biado Furiosi
Nel 1852 il Governo toscano, su pressione di quello pontificio, im­pose a Fabretti di allontanarsi da Firenze, ritenuta evidentemente troppo vicina a Perugia e a Roma. Fabretti si recò così a Torino, città che aveva visto, come anche Genova, l'arrivo di migliaia di esuli politici da ogni parte d'Italia. A Torino visse dando lezioni private e, a partire dal 1858, come impiegato al Museo Egizio. Fu un periodo duro per l'esule perugi­no, come per tutti gli esuli. Ma, mentre molti di costoro, scoraggiati dalle ripetute sconfitte mazziniane, si avvicinarono gradualmente alle posizioni cavouriane e filosabaude, Fabretti mantenne ferme le sue convinzioni re­pubblicane, come si evince dal carteggio con Annibale Vecchi e anche da alcune lettere inviategli in questi anni da Luigi Mercantini, che lo riteneva l'amico più sincero e fidato.12)
A Torino Fabretti fu tra i massimi dirigenti della Società dell'Emigrazione Italiana, una vera e propria società di mutuo soccorso costituita nella capitale piemontese nel giugno 1851 per sopperire, con mezzi propri e con donazioni, alle necessità degli esuli politici più biso­gnosi. Essa offrì assistenza morale e materiale a parecchie centinaia di esuli, di ogni orientamento politico.13) Nel 1854 fu eletto consigliere di questa Società; nel 1857 Vice Presidente e, nell'agosto 1858, Presidente, carica che conservò fino allo scioglimento della stessa avvenuto nel 1860.
La Società dell'Emigrazione non aveva formalmente finalità politiche, ma gli esponenti repubblicani che ne facevano parte la utilizzarono per mantenere un collegamento tra loro, e anche per cercare un coordina­mento con gli esuli residenti a Genova. E furono proprio Fabretti e Mer­cantini (il primo da Torino e il secondo da Genova) i principali artefici di questo coordinamento, che si attuò, in particolare, in occasione della guer­ra dì Crimea. Infatti, l'alleanza del Piemonte con la Francia, l'Inghilterra e l'Austria creò viva agitazione negli ambienti dell'emigrazione repubblicana. Il 12 gennaio 1855 fu così emesso un proclama di protesta diretto ai Cittadini e soldati d'ogni provincia d'Italia . Esso definiva l'impresa di Crimea una guerra antinazionale, che aveva per mira materiali interessi inglesi, la continuazione di esosa tirannide bonapartista e per ultimo lo stabilimento d'un equilibrio europeo, peggiore di quello concluso a Vienna nel 1815 fra i despoti della Santa Alleanza; esortava quindi gli italiani a stringere patto solenne d'insorgere e combattere soltanto per la libertà, l'indipendenza, l'unità d'Italia , e così concludeva: Ogni cittadino, ogni
,2) Cf. lD., Luig Mercantini plitico. Dieci lettere inedite ad Ariodante Fabretti* in Bollettino della Deputazione di Storio Patria per l'Umbria* a. LXX1II (1976), n. 2.
5 Su di essa sì veda G.B. FURIOZZJ, L'emigratone politica in Piemonte nel decennio preunitario, Firenze, 1979.